ESCRIMA
Le arti
marziali filippine sono un insieme di esperienze orientali ed occidentali
consolidatesi nei secoli. Oggi oggetto di un grande interesse dei reparti
speciali di tutto il mondo e sempre più conosciute e praticate dal cittadino
comune. Arti di combattimento in cui l’abilità conta molto più della
prestanza fisica. Si tratta di discipline adatte a tutti, donne e uomini. Con il
nome di Kali , arnis o escrima viene connotato il complesso delle arti marziali
filippine, poco conosciute all’ampio pubblico fino agli anni Settanta. In
quegli anni le suddette arti incontrano l’interesse di un gruppo di studenti
al seguito del famoso attore marzialista Bruce Lee, che le diffonderà per primo
tra gli appassionati di arti marziali. Eppure queste discipline possono vantare
un passato glorioso; nel 1521 i primi uomini bianchi capeggiati dal condottiero
Magellano, conquistando le Filippine del nord fecero la conoscenza, a proprie
spese, delle suddette arti marziali. Sull’isola di Mactan, infatti, Magellano
e i suoi uomini saranno ricacciati in mare dopo un sanginoso scontro con gli
indigeni guidati da Lapu Lapu, eroe dell’isola.
Lo stesso Magellano
incontrerà la morte sulle coste di quell’isola filippina. Indipendentemente
da questo episodio, gli europei che raggiunsero e occuparono parte
dell’arcipelago , negli anni , si mescolarono con la popolazione locale. La
cultura e le usanze indigene si mescolarono alla cultura europea, in particolare
alla cultura spagnola, che si diffuse rapidamente nelle Filippine. Accanto alla
lingua e al costume si fece largo anche la cultura marziale che, con la
mescolanza tra le razze europee e le popolazioni indigene, diedero luogo alla
cultura mestizo, una forma di conoscenza che fondeva la tradizione indigena con
la cultura europea. Anche le arti di combattimento europee si fusero con le
tradizioni locali, dando origine a un sistema marziale che per primo fondeva
elementi orientali e occidentali.
Possiamo dunque dedurre
che le arti marziali filippine hanno conquistato l’Occidente forse perché
l’occidentale riconosce nel vasto repertorio delle arti di combattimento del
kali gran parte del proprio retaggio culturale marziale. Ovviamente non solo le
arti occidentali furono rerbo della cultura marziale filippina, ma un’altra
grande forza influenzava le arti di combattimento dell’arcipelago: il pencak
silat. Dal Sud infatti, dall’isola di Mindao, terra dei moros – i
tristemente famosi integralisti mussulmani- a ondate successive il Silat
risaliva verso Nord, fino a raggiungere le scuole di escrima e di arnis (quelle
fortemente legate alla scherma occidentale). La disponibile mentalità dei
maestri di escrima li portava a inglobare nel loro sistema qualunque cosa
potesse arricchire il patrimonio marziale. Ecco dunque che alcune scuole di aris
o kali si differenziavano da altre per il sofisticato lavoro che proveniva,
passando per Mindanao , dall’Indonesia e in particolare dall’isola di
Sumatra. Nel Sud-Est asiatico le arti filippine sono soprattutto conosciute con
il nome di arnis o escrima, mentre il termine kali si sta diffondendo
nell’arcipelago soprattutto negli ultimi anni , dopo che negli USA questo
appellativo identificò con successo l’atre filippina. Probabilmente il
termine kali, di origine malese serviva ad identificare il silat nelle Filippine
. Negli ultimi anni del nostro secolo , tali discipline marziali hanno
interessato diversi reparti speciali della polizia e dell’esercito nei diversi
punti del pianeta e perfino in Italia.
L’estrema praticità a mani nude e con le armi rende
questa attività marziale ottima per la difesa personale. Le arti europee
nell’arcipelago filippino L’influenza europea e in particolare ispanica e
italiana nella cultura filippina è indubbia; anzi, se spogliamo il repertorio
delle arti filippine dall’influenza del silat indonesiano, scopriamo che ciò
che rimane è la tradizione guerriera del mediterraneo. Ma a queste
affermazioni, che compaiono forse per la prima volta in modo così esplicito,
occorre dare il supporto della dimostrazione. Innanzitutto il nome arnis sta a
indicare la leggera corruzione di un termine usato sicuramente fin dal 1300 in
Italia, armis , nome con cui si definivano le armi. Il frontespizio di uno dei
più antichi trattati marziali italiani, il Flos duellatorum , di Fiore dei
Liberi di Premariacco ( paese in provincia di Udine ), reca le seguenti parole:
in armis sine armis pedester et equester, ovvero con le armi senza le armi a
piedi e a cavallo. Gli esempi possono essere anche più numerosi, basti pensare
al lavoro con la spada e la daga, tecnica del tutto sconosciuta in Oriente prima
che arrivassero gli spagnoli. Ma se si ha l’accortezza di leggere le cronache
del tempo, ci si rende subito conto che il condottiero Magellano aveva al suo
servizio una fitta schiera di soldati italiani riconosciuti da tutti per il loro
indiscutibile valore e per l’abilità con la quale maneggiavano le armi: la
spada e la daga, la cappa e la spada, lo scudo e la spada, la doppia daga e
perfino tecniche di difesa mani nude contro attacco di pugnale, come dimostra un
altro eccellente maestro del tempo, l’illustre Achille Marozzo. La situazione
attuale Come già accennato sopra , la diffusione delle arti filippine è
avvenuta soprattutto per opera di noti e meno noti personaggi americani, a cui
va riconosciuto il merito della riscoperta di tale patrimonio. Tuttavia, per
quanto riguarda la ricostruzione storica e il completamento dell’enorme
repertorio marziale, le lacune e le contraddizioni sono talmente tante che ogni
serio ricercatore deve prenderne distanza e incominciare a rimboccarsi le
maniche per tentare una seria ricostruzione coinvolgendo sia il silat
indonesiano che le arti marziali europee. Le aree di studio del Kali Le materie
che vengono studiate nell’arte marziale filippina sono diverse: si va dalle
scuole che insegnano solo una materia a quelle, di solito le più moderne, che
hanno incluso tutte le discipline di combattimento. Normalmente si considera
completa una scuola che comprende il seguente programma: Settore Armi Singolo
olisi (bastone) Doppio olisi (due bastoni) Singolo bolo (macete) Doppio bolo
(due macete) Bastone e coltello o macete e coltello Daga (coltello) Doppia daga
(due coltelli) Bastone lungo Bastone medio Lancia Armi da getto: dal coltello da
lancio, alla cerbottana, all’arco eccetera. Mani nude Panatukan (chiamata in
numerosi altri modi): boxe che include colpi di gomito Sikaran: arte di
calciare, ma molti includono nella disciplina anche colpi con gli arti superiori
Dumog: l’arte del corpo a corpo; in altre zone dell’arcipelago la lotta si
chiama buno o buno brazo Cadena de mano o hubud lubud: esercizi di sensibilità
e per lo sviluppo delle abilità. Questi possono derivare dalla cadena con le
armi o dagli esercizi di sensibilità adottati nel silat indonesiano.
Probabilmente si tratta di una fusione dei due sistemi. L’addestramento
all’uso delle armi segue sistemi di chiara derivazione europea: 1.Il sistema
numerado, in cui si suddivide il bersaglio in 5 o più settori e si impara a
raggiungere ciascuna di queste zone con le diverse armi e con diverse modalità
di attacco. E’ interessante notare come il trattato italiano di Fiore dei
Liberi consideri nel suo Il segno della spada sette colpi o sette vie di accesso
al bersaglio: due soprani, ovvero due colpi di taglio dall’alto; due mezzani,
ovvero due colpi di taglio orizzontali al centro del corpo (all’altezza della
vita); due sottani, ovvero i due colpi dal basso, diritto e rovescio; e infine
il colpo di punta centrale. Nell’arte filippina la maggioranza delle scuole
usa lo stesso sistema ma con un numero ridotto di colpi, ovvero i cinco tiros
(cinque tiri), riunendo i colpi sottani con i mezzani. Tuttavia le scuole
filippine sono molte e diverse tra loro, per cui è facile incontrare metodi che
insegnano all’allievo una serie di attacchi superiore a cinque, fino a
raggiungere una quantità spropositata di colpi. Del resto anche gli autori
italiani spagnoli o francesi elaboravano dei sistemi tra loro differenti,
includendo diversi colpi che indicavano allo studente le traiettorie e i modi
attraverso i quali raggiungere il bersaglio.
Credo sia assolutamente superfluo ricordare che il
valore del sistema non dipende certo dalla quantità di colpi codificati ma, se
mai, dalla trasmissione il più possibile fedele all’origine della scuola.
2.Il sistema abecedario, come dice il termine comprensibilissimo per un
italiano, si tratta di insegnare l’abc e di combinare i diversi colpi di base.
3.Il sistema sombrada, che coincide col sistema cadena(catena). Anche in questo
caso il parallelo con la nostra cultura è strettissimo: dallo studio di
numerosi testi si può affermare che studiando le tradizioni italiane dei
cavalieri d’umiltà, tradizioni che si sono mantenute intatte dal 1417 ai
giorni nostri, si ritrovano sistemi di allenamento che vengono chiamati catena.
Tale metodo, al pari di quello diffuso nell’arcipelago filippino, consiste
nell’usare una serie di tecniche e contro tecniche concatenate allo scopo di
abituare lo studente al combattimento. Nelle scuole delle società segrete
italiane il sistema cadena viene usato soprattutto per l’addestramento con i
bastoni alti fino al petto e ci sono due metodi di esecuzione: il primo definito
a tempo di scuola, che consiste nell’eseguire una serie di colpi e parate
preordinati. Il secondo definito cadena libera o a chi più ne sa, che permette
ai due praticanti di non rispettare l’ordine della sequenza ma di variare gli
attacchi, e di conseguenza le parate a piacere. Si deduce che soprattutto
quest’ultimo metodo di allenamento sia preludio al combattimento, che veniva
eseguito a pieno contatto senza l’ausilio di alcuna protezione, secondo i
precetti che impongono al duellante di cacciare dapprima le mani , poi i gomiti
e infine il corpo e la testa. I legami tra la nostra tradizione di bastone e
coltello e i sistemi filippini sono a dir poco impressionanti. Tuttavia, come ho
già accennato , il metodo filippino attinge anche a un altro filone,
proveniente dalle arti marziali indonesiane.
Quale
relazione esiste tra kali e jeet kune do? Dal punto di vista storico,
assolutamente nessuna. Come già accennato sopra, la popolarità delle arti
marziali filippine la si deve soprattutto ai praticanti di jeet kune do, che da
una posizione privilegiata( grazie alla fama di Bruce Lee) hanno avuto modo di
diffondere con relativa facilità le idee e le pratiche marziali proprie in
tutto il mondo. Tuttavia c’è da chiedersi: come mai questo grande interesse
per le arti marziali filippine da parte dei seguaci di Bruce Lee? Possono essere
3 le ipotesi e nessuna esclude l’altra: Dato che il principale esponente della
scuola di Bruce Lee, Dan Inosanto, si è dedicato alla riscoperta delle
discipline marziali della sua terra (le filippine), le ha conseguentemente
incluse nel programma di jeet kune do; Le arti marziali filippine hanno
completato il metodo di Bruce Lee soprattutto nel combattimento con le armi, nel
quale il jun fan kung fu è assolutamente carente; I concetti di economia,
mobilità e versatilità tanto propugnanti del jeet kune do sono già da molti
anni caratteristica delle arti marziali del Sud-est asiatico. La terminologia
del kali filippino Tutti coloro che hanno provato a cimentarsi con i termini che
connotano le tecniche filippine sono presto entrati in confusione. Infatti la
nomenclatura usata risente della zona d’origine, nonché di tale o tal altra
scuola o maestro. Si deve considerare che nell’arcipelago filippino si parlano
numerose lingue diverse e spesso gli usi e costumi locali cambiano molto. A
volte anche le scuole sulle stesse isole usano termini diversi per definire la
stessa tecnica o metodo di allenamento. Probabilmente la lingua più corretta è
la lingua ispanica, con la quale tutti i maestri, almeno quelli residenti nella
parte a nord dell’arcipelago, definiscono le loro attività marziali.
Ovviamente in questi ultimi anni, grazie a una maggiore facilità di scambio di
informazioni, si usano indifferentemente termini diversi per indicare la stessa
azione tecnica. Addirittura le più moderne organizzazioni stanno ricostruendo
ex novo il sistema, inventando una nomenclatura più fantasiosa.
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Che cos'è il Kali?
(di Casa Giuseppe)
Il Kali, conosciuto anche come
Arnis de mano
e
Eskrima
è un sistema di combattimento completo che prevede tecniche
a mani nude e/o con armi bianche o bastoni. E' stato sviluppato
nell'arcipelago delle Filippine e le sue prime testimonianze
storiche risalgono alla prima metà del 1500.
Quanti stili ci sono di Kali?
Innumerevoli. I più famosi sono il
Balintawak
Arnis, il
Doce Pares,
Cabales Serrada Escrima, Sikaran, Arnis Koredas Obra Mano,
LaCoste/Inosanto System, Modern Arnis. La lista,
comunque, sarebbe lunghissima, in quanto ogni singola isola,
paese, comunità filippina aveva sviluppato in passato il proprio
stile di combattimento,
a volte con differenze minime tra loro, a volte con
tecniche completamente diverse. Fondamentalmente è possibile
distinguere uno stile da un altro in base al tipo di strategia
di parata dei colpi che adottano e dalla preferenza della
distanza di combattimento.
Che armi usa il Kali?
Il Kali è un sistema di combattimento basato su
concetti
e
movimenti
che si possono applicare a qualsiasi arma da taglio
e oggetto contundente. Storicamente si sono sviluppate le
tecniche con bastoni di rattan e altri tipi di legni flessibili,
ma robusti, e con armi bianche tipo machete, per poi raffinarsi
all'uso del coltello vero e proprio. A seconda dello stile
praticato variano le dimensioni e le tipologie delle armi
impigate. Ad esempio, nell'Arnis Koredas Obra Mano si predilige
il bastone (a maneggio singolo o doppio) corto, sui 55cm di
lunghezza.
Come viene insegnato il Kali?
Il Kali è un'arte marziale che veniva (e viene tutt'ora in certe
isole delle Filippine) insegnata all'interno della famiglia.
Ogni villaggio filippino aveva almeno una famiglia che aveva un
suo stile particolare di combattimento i cui segreti erano
gelosamente custoditi.Attualmente l'inserimento delle comunità
filippine in occidente a fatto si che certi maestri, per
guadagnarsi da vivere, abbiano iniziato ad insegnare anche agli
"stranieri". Il metodo d'insegnamento varia da maestro a
maestro, ma in generale si tenta di sviluppare al massimo la
capacità dell'allievo di imitare, osservando, il maestro. Solo
dopo aver acquisito una buona capacità di coordinazione "a
vuoto" si passa alle tecniche con il contatto di un partner
d'allenamento. Di solito si inzia insegnando l'uso del bastone
singolo, poi il maneggio del doppio bastone, quindi le mani
nude. E' opinione diffusa che le tecniche di coltello vengano
insegnate solo agli allievi più anziani e selezionati, data la
loro pericolosità. Ad essere sinceri chi arriva ad un certo
livello di destrezza con il bastone singolo è già piuttosto
avviato ad essere un eccellente combattente di coltello, in
quanto i concetti alla base dei movimenti e le strategie sono
pressochè identici. Il Kali è una delle poche arti marziali che
fa uso massiccio di esercizi di "sensibilità". Si tratta di
esercizi da fare in coppia, con armi e/o senza, che comprendono
movimenti ripetitivi e ciclici di
attacco/parata/controllo/risposta, da eseguirsi a velocità
crescente ed in maniera molto fluida. Eccellenti per la
coordinazione psicomotoria, riflessi e forza.
Che influenze ha subito il Kali da altri sistemi di
combattimento?
Data la natura "aperta" dell'arcipelago delle Filippine, anche i
sistemi di combattimento hanno subito numerose influenze, o
meglio, scambi con l'esterno. Sicuramente il Kuntao cinese ha
influenzato il Kali dal punto di vista delle tecniche
percuotenti e dei relativi bersagli (pugni alle giuntore del
braccio, rottura dei tendini delle ginocchia con calci corti e
brevi ecc...ecc...). In compenso troviamo molti concetti del
Kali anche nell'indonesiano Pentcjak Silat, altra arte marziale
che è la naturale evoluzione tecnica del percorso personale del
praticante di Kali.
Il Kali è più efficace di un'altra Arte Marziale tradizionale,
quale il Karate?
Non ha senso paragonare un sistema di combattimento con un
altro, perchè è la
persona che la
pratica a fare la differenza. Esistono arti marziali
più o meno adatte al fisico di una persona, e alcune più
specificatamente orientate ad uno scopo (lo sviluppo armonioso
della mente/corpo, lo sviluppo della destrezza, lo sviluppo del
controllo dell'avversario ecc...ecc...). L'unica cosa che si
può dire con
una certa riserva, è che a parità di tempo di
istruzione un allievo di un sistema di combattimento filippino
avrà acquisito una maggiore capacità di destreggiarsi con metodo
ad una situaziuone di aggressione urbana rispetto ad un
praticante di Karate stile shotokan. Questo perchè il Kali, in
generale, inculca immediatamente nella testa del praticante
concetti come uscire dalla traiettoria di minaccia, evitare
parate che espongono troppo il corpo, e soprattutto impara
subito il maneggio "scientifico" di uno strumento quale il
bastone (ma potrebbe benissimo essere una rivista arrotolata in
caso di emergenza). Dopo un certo periodo di tempo, anni di
solito, qualsiasi praticante serio di qualsiasi arte marziale è
in grado di difendersi egregiamente da aggressioni. Alla fine
tutte le arti marziali fanno convergere chi le pratica ad un
unica tipologia di comportamento strategico in fase di
combattimento.
Il Kali è più efficace di un'altra Arte Marziale tradizionale,
quale il Karate?
Non ha senso paragonare un sistema di combattimento con un
altro, perchè è la
persona che la
pratica a fare la differenza. Esistono arti marziali
più o meno adatte al fisico di una persona, e alcune più
specificatamente orientate ad uno scopo (lo sviluppo armonioso
della mente/corpo, lo sviluppo della destrezza, lo sviluppo del
controllo dell'avversario ecc...ecc...). L'unica cosa che si
può dire con
una certa riserva, è che a parità di tempo di
istruzione un allievo di un sistema di combattimento filippino
avrà acquisito una maggiore capacità di destreggiarsi con metodo
ad una situaziuone di aggressione urbana rispetto ad un
praticante di Karate stile shotokan. Questo perchè il Kali, in
generale, inculca immediatamente nella testa del praticante
concetti come uscire dalla traiettoria di minaccia, evitare
parate che espongono troppo il corpo, e soprattutto impara
subito il maneggio "scientifico" di uno strumento quale il
bastone (ma potrebbe benissimo essere una rivista arrotolata in
caso di emergenza). Dopo un certo periodo di tempo, anni di
solito, qualsiasi praticante serio di qualsiasi arte marziale è
in grado di difendersi egregiamente da aggressioni. Alla fine
tutte le arti marziali fanno convergere chi le pratica ad un
unica tipologia di comportamento strategico in fase di
combattimento.
Chi sono i maggiori rappresentanti del Kali attualmente?
All'estero innumerevoli, in Europa un po meno, in Italia
decisamente pochi. Per citare gli Italiani Maurizio
Maltese,Roberto Bonomelli,Ivan Mapelli ed altri,ma tutti
discendenti dalle scuole di Kali Americane, come il più famoso
Guro di Kali esistente nomino Dan Inosanto. Esperto praticamente
di qualsiasi stile di Kali esistente è probabilmente il maggior
esperto mondiale di quest'arte marziale.
Il Kali è adatto ad una donna?
L'uso delle armi permette ad un praticamente relativamente
debole, come una donna, di tenere testa ad un avversario
decisamente più grosso.
C'è una componente mistica in quest'arte marziale?
Decisamente no. Non più almeno. Data la superstizione
regnante nella cultura filippina, il guerriero filippino
spesso recitava preghiere in spagnolo/latino per augurarsi
una buona sorte prima del combattimento e allo stesso tempo
per maledire l'avversario; le cosiddette
oraciones.
Ma il Kali filippino non si è mai posto
l'obbiettivo di aumentare l'energia vitale del praticante
(come il cinese Tai Chi Chuan) e ancor meno di allargare la
percezione della propria realtà.
Quanto è diffuso in occidente?
Relativamente poco in Europa ed in Italia, nonostante
abbiamo maestri del calibro Bonomelli, Maltese e di origine
filippina Juan Matagay ed i fratelli Miranda, per citarne
alcuni. In America, invece è una cosa diversa. Per
definizione l'America è stata crogiuolo di razze e culture e
numerose comunità filippine emigrando negli Stati Uniti
hanno portato con sè il Kali. Guro Dan Inosanto e Guro Remy
Presas per citare due capostipiti storici della diffusione
in America dell'Arnis/Kali/Eskrima, la lista dei loro
realtivi maestri/istruttori, famosi anche nelle riviste
italiane di arti marziali, sono innumerevoli.
Quanto tempo necessita per prendere famigliarità con le
tecniche?
Dipende, come da qualsiasi arte marziale. Dipende dal tempo
che ci si dedica e dalla serietà di come ci dedica. In
generale si può dire che l'Arnis/Kali è un sistema di
combattimento
relativamente semplice, se paragonato ad altre
arti marziali che prevedono l'apprendimento di numerosi
kata
e tecniche/contro-tecniche. Il Kali è
essenzialmente un allenamento mentale, di strategia, di
rendere istintivi comportamenti e movimenti tattici
abbastanza
semplici. Se prendiamo l'esempio di una persona
media seguita da un buon istruttore/maestro con una pratica
giornaliera si può sperare di avere una buona conoscenza del
Koredas Obra Mano in tre anni.
Armi
da taglio lunghe e corte
Le armi da taglio sono elementi di base del Kali, come dice
una delle possibili origini del vocabolo ("kali" da kalis o
keris, kriss).Ritrovamenti archeologici dimostrano che,
prima dell'arrivo dei guerrieri indonesiani e malesi,
nell'arcipelago filippino erano già in uso anni di pietra e
di ferro. Nonostante gli abitanti delle Filippine
probabilmente possedessero una loro tecnica di forgiatura,
con l'arrivo dei malesi (circa 600 d.C.) perfezionarono il
metodo di questi ultimi. In tutte le isole dell'arcipelago
c'è la cultura dell'arma da taglio, ma dobbiamo andare
nell'area meridionale, dove vivono le popolazioni di
religione musulmana (moros), per trovare spade di varie
fogge decisamente più pregiate del comune bolo, cioè il
machete usato nei lavori agricoli. Kriss, kampilan e barong,
infatti, sono an-ni di chiara origine indonesiana,
personalizzate poi dai moros di Mindanao e dell'arcipelago
di Sulu. In particolare, ai Dyak del Borneo settentnonale,
che usavano decapitare i nemici, è attribuita la paternità
del barong e del kampilan, poi diventati armi
caratteristiche dei moros. Le lame che prima gli spagnoli e
poi gli americani hanno visto sguainare di fronte a loro
erano forgiate secondo la tecnica malese, simile a quella
utilizzata per la katana giapponese. 1 maestri fabbri (panday)
producevano lame di alta qualità con preziose decorazioni di
avorio, argento e a volte oro; solo in tempi più recenti
sono stati utilizzati materiali di scarto, come il metallo
degli elmetti giapponesi o le balestre d'automobile.
Kriss
Il kriss, dalla lama serpentina a doppio taglio, è
probabilmente l'arma più diffusa nel Sud, soprattutto tra i
guerrieri Tau Confronto tra un kriss del Sud delle Filippine
(a sinistra) e un kriss indonesiano. Notare la dimensione
della lama del primo, che permette fendenti di grande
potenza, mentre il secondo è sostanzialmente un'arma da
punta (foto Roberto Bonomelli) sug, Samal e Yakan. Quello
filippino a prima vista si differenzia subito da quello
tipicamente indonesiano per le dimensioni, che si
raddoppiano in larghezza e, a volte, perfino si triplicano
in lunghezza. Inoltre, a differenza dei kriss indonesiani,
più ornati e impreziositi a scopo decorativo, quelli moros
sono sempre stati costruiti per il combattimento.Le origini
di quest'arma sono incerte: può essere stata un'arma rituale
indù oppure importata dal Medio Oriente insieme alla
religione musulmana; la sua forma, forse ideata nel 111
secolo a.C., si ispira alla coda di un pesce, la razza,
oppure al mitico serpente o dragone naga.
Kampilan
Il kampilan è una spada pesante la cui lama, a un solo filo,
si allarga sino a formare una doppia punta a forma di 'V';
la sua lunghezza è di circa 110 centimetri. Il pomello con
cui termina l'impugnatura ricorda le fauci spalancate di un
coccodrillo o la coda di un uccello. Spesso, in passato,
questa parte terminale era decorata con capelli neri o tinti
di rosso.Il kampilan è senz'altro l'arma da taglio filippina
dal maggiore potere tagliente.Venìva generalmente usato a
due mani e secondo la tradizione doveva poter tagliare un
uomo dalla testa all'inguine: tutte le parti del corpo
esposte al kampilan erano dunque vulnerabili.Generalmente
era portato in un fodero, fatto di due parti di legno,
sagomate sulla forma della lama e tenute insieme da due
corde, in modo che il combattente potesse con un solo
fendente liberare la lama e contemporaneamente colpire
l'avversario. Forse l'estremità a forma di 'V', più o meno
regolare, che crea una specie di uncino, aveva la funzione
di dare il colpo di grazia attraverso una stoccata.
Bolo
Nell'arsenale filippino il bolo è l'unica arma da taglio che
nasce come strumento di lavoro, soprattutto agricolo. Si
tratta di un lungo coltello piuttosto pesante, una specie di
machete, usato per aprire un sentiero nella vegetazione così
come per tagliare la canna da zucchero. Diventato famoso in
combattimento durante il conflitto americano-spagnolo,
quando i filippini reclutati formarono i cosiddetti
"battaglioni bolo", per l'appunto muniti, oltre che di
fucile, di quest'arma; tali reparti hanno fatto anche la
storia della seconda guerra mondiale nelle Filippine.
Proprio per la sua origine agricola, il bolo ha una lama non
ben rifinita; la sua foggia distingue vari modelli:
il pinute, vocabolo che deriva dalla parola puti, cioè
"candido" (e quindi si riferisce alla luce bianca riflessa
dal filo adeguatamente affilato), ha una forma stretta e
allungata ed è particolarmente diffuso a Visayan;
-
il matilus si distingue per la sua proprietà di mantenere a
lungo il filo del taglio e della punta;
-
il malapad è particolarmente largo;
-
il bolo di Bonifacio è il modello creato da Andrea Bonifacio
quando nel 1896 prese l'avvio la rivoluzione del Katipunan
contro la Spagna.
Altre armi da taglio
I "coltellacci" più usati dai moro sono il golok, diffuso
tra i Bagobo di Mindanao, e il klewang, dalla lama dritta
che si allarga verso la punta. Un'arma dalla forma
particolare, usata nella giungla dai moros di Mindanao così
come dagli Igorroti di Luzon, è il panabas. Adoperato
principalmente per le esecuzioni e diventato molto popolare
durante la seconda guerra mondiale, il panabas ha una lama
che si allarga all'estremità curvando verso l'alto.
Padroneggiare le armi da taglio
Non vi è alcuna differenza nell'impugnare un bastone o
un'arma da taglio; il praticante di Kali dovrà cambiare
semplicemente i bersagli. Alcune tecniche di bastone non
potranno però essere trasferite all'arma da taglio, per
esempio la tecnica abanico porterebbe a colpire con il
piatto invece che con il taglio della lama. Per quanto
riguarda i disarmi, funzionano quelli "a strappo",
appoggiando il piatto della lama contro il tricipite o
l'anca, ma non certo quelli "a serpente", perché la spada si
troverebbe con il filo contro l'ascella, e quelli "a vite",
perché la lama non può essere afferrata a mani nude senza
tagliarsi.L’ importante conoscere bene la propria spada più
che il bastone: il raggio d'azione, il bilanciamento (al
centro, in punta o verso l'impugnatura), il peso, la
sicurezza dell'impugnatura e la reazione della lama contro
vari bersagli (da provare solo dopo aver acquisito un'ottima
padronanza nel maneggio). Comunque, nelle palestre moderne
di Kali ed Escrima anche le tecniche di spada vengono spesso
praticate con armi di legno o con la lama di alluminio.
Coltello
Per avere una possibilità di sopravvivere a mani nude a un
attacco di coltello si deve essere combattenti di coltello.Questo
è uno dei più famosi detti dei maestri filippini per
spiegare quanto sia importante comprendere la pericolosità
di un confronto con l'arma da taglio. Il coltello, quanto a
livello di raffinatezza ed efficacia raggiunto nella
pratica, viene subito dopo il bastone. Per il praticante di
Kali rappresenta al tempo stesso versamento di sangue e
salvaguardia della vita.L'arte del combattimento con il
coltello, conosciuta come Baraway o Dungabay, proprio per la
pericolosità dell'arma viene tradizionalmente insegnata solo
agli studenti più avanzati e fidati.In realtà è importante
che anche i principianti, per capire la difesa a mani nude
da attacco di coltello, ne apprendano almeno i fondamentali.
Caratteristiche
L'arma corta da taglio filippina, detta genericamente baraw
o daga, può essere di molte fogge e modelli. La distinzione
fondamentale è tra coltello, a un solo taglio, e pugnale, a
doppio taglio. Mentre molte tecniche di disarrno fanno
pensare che l'arma più comunemente adoperata fosse a un solo
filo, poiché prevedono la leva o l'appoggio sul piatto ma
anche sul dorso del coltello, in alcuni metodi, come Espada
y daga, l'arma utilizzata era un pugnale, in grado di
tagliare con movimento discendente e ascendente senza
rendere necessaria la rotazione del polso.
Probabilmente il più popolare coltello delle isole resta il
balisong, il "coltello farfalla" (butterfly knife, detto
anche veintinueve, poiché secondo la tradizione sarebbero
stati tanti gli avversari affrontati e sconfitti da un
maestro in occasione di un leggendario combattimento). Il
primo esemplare di quest'arma è del 1905, costruito da
Perfecto de Leon, della regione di Batangas. Il butterfly
knife originario di questa zona è composto da due manici
imperniati sulla lama e in grado di ruotare e produrre un
caratteristico "click-click". Ma la meccanica del balisong
non è solo per scopi "scenici": facile da trasportare,
questo coltello può essere usato chiuso o aperto (tenendolo
per uno dei manici, utilizzando l'altro per colpire) come un
bastone da palmo (nunchaku), senza quindi ricorrere alla
lama. Indipendentemente dalla linea o dai materiali
impiegati, la cronaca attribuisce al coltello la
caratteristica dì strumento da delinquente, ma per qualsiasi
combattente di Kali quest'arma rappresenta la vita e la
morte.
Difesa da attacco di coltello
Scappare di fronte a un aggressore armato di coltello non
significa essere codardi, ma comprendere la realtà della
situazione. La polizia americana ha eseguito alcuni test con
esperti di Kali, tra i quali il maestro Inosanto,
dimostrando come a distanza ravvicinata, con un qualsiasi
oggetto tagliente impugnato "a rompighiaccio", si sia in
grado di colpire ripetutamente fino a otto volte in poco più
di un secondo: se l'aggressore comincia a correre, fino a 7
metri di distanza risulta vano tentare di estrarre un'arma
da fuoco...
Nonostante sia fortunatamente poco probabile imbattersi in
un combattente di coltello, il consiglio appena dato resta
valido.Se non è possibile allontanarsi dal luogo
dell'aggressione, il praticante di Kali cercherà di
impossessarsi di un qualsiasi oggetto presente
nell'ambiente, da impiegarsi come arma: una sedia, una
bottiglia, una giacca, una rivista arrotolata, un
asciugamano... Alcuni agenti di polizia americani nascondono
dietro l'avambraccio una torcia o un piccolo bastone, da
usare per arrestare o deflettere momentaneamente l'attacco
di coltello e creare la situazione per estrarre la pistola
con l'altra mano. Tuttavia, se non è possibile affrontare
alla pari l'aggressore, il praticante di arti marziali
filippine si muoverà immaginando di avere in mano un
coltello, conoscendo i bersagli più pericolosi, le
traiettorie e gli angoli d'attacco. Dovrà immaginare di
trovarsi di fronte a un aggressore che con il coltello
intende colpirlo e non semplicemente minacciarlo per
ottenere qualcosa: un portafogli o un orologio non valgono
mai una vita! Sarà dunque costretto a difendersi.
Nell'affrontare un avversario armato non ci sono grandi
margini d'errore e i fattori che intervengono sono molti,
anche indipendenti dalla nostra abilità
- Primo, la tipologia dell'aggressore: per esempio, chi
brandisce l'arma per creare soggezione (per esempio i
tossicodipendenti o i borseggiatori), se giunge a colpire,
generalmente lo fa in modo accidentale, mentre chi mostra il
coltello solo dopo aver inflitto il primo taglio è un
professionista. Infatti, il delinquente che sa come battersi
con un coltello tende a nascondere l'arma fino al momento di
usarla.
- Secondo, non bisogna pensare di poter parare l'attacco di
coltello, come si insegna in alcune difese a mani nude, e
poi colpire o afferrare l'aggressore: ciò è irrealistico.
Invece i principi difensivi del metodo Inosanto - LaCoste
possono essere trasferiti, con alcuni accorgimenti, dal
coltello alle mani nude. Ovviamente non sarà possibile
tagliare ma, mentre una mano controllerà il braccio armato,
l'altra interverrà colpendo il volto con la punta delle dita
o con il palmo oppure con il gomito. Nel Kali controllare il
braccio armato, e dunque il coltello, vuol dire prima
bloccarlo sulla sua traiettoria, contrattaccando
simultaneamente, o defletterlo indirizzandolo contro
l'avversario. Le tecniche di disarmo rispettano gli stessi
principi anche se bisogna sottolineare che non sempre sono
possibili. Per esempio, se l'aggressore ci attacca con un
coltello tascabile o una siringa, la possibilità di tagliare
o pungere la porzione di braccio impiegata nel disarmo è
molto alta. Quindi, sarà meglio restituire l'arma contro
l'avversario, bloccando a due mani il polso e la base del
pollice della mano armata: sentendosi colpito, l'aggressore
aprirà la mano.
1 principi difensivi fondamentali
Ci sono diversi modi per affrontare un attacco di coltello.
Nel Kali si apprende come schivare e uscire dalla
traiettoria del coltello, come colpire il braccio armato
usando il concetto di larga mano o arrestare l'attacco con
il principio "parata, controllo e colpo definitivo", di cui
abbiamo già parlato a proposito del bastone: la parata è un
taglio sul braccio armato, il controllo avviene sullo stesso
arto con la mano sinistra e il colpo risolutivo può essere
portato di taglio o punta, se la situazione lo richiede, ai
bersagli vitali. Nell'uso del coltello vi è dunque anche il
principio della "mano debole" che controlla il braccio
armato, "sente" le reazioni dell'avversario, afferra la base
del pollice per disarmare, mette in leva il gomito e così
via. Durante il combattimento viene mantenuta di fronte al
petto, lontana dalle traiettorie dell'avversario, ma pronta
a bloccare una stoccata al corpo o a proteggere un lato o
l'altro del collo.
Spada e daga
Espada y daga non è per giocare, ma è per vincere e
sopravvivere e surclassare. Questa frase di Dan Inosanto ci
introduce a uno degli aspetti più difficili del Kali: il
combattimento con spada e daga. "Espada y daga" significa
"spada e coltello", oppure "bastone e coltello" in certi
casi, ma genericamente si riferisce al combattimento con due
armi, una lunga e una corta.Nelle Filippine, se l'avversario
è a mani nude noi abbiamo un coltello, se ha un coltello noi
un bastone e un coltello, se ha un bastone e un coltello noi
una spada e un coltello, e così via fino alle anni da
fuoco... questa filosofia del confronto si distingue dalle
altre arti marziali tradizionali e pone l'accento sul forte
senso di sopravvivenza che permea l'arte del Kali. Uidea di
avere due armi, e magari una di scorta nascosta addosso, fa
parte della cultura marziale dei locali. Un origine storica
della Espada y daga attinge chiaramente alla scherma
spagnola del XVI secolo, che i filippini adattarono
tecnicamente modificando anche le armi impiegate. Abbiamo
indubbiamente anche l'influenza della scherma italiana,
poiché gli spagnoli avevano assoldato anche mercenari
italiani. Questo si può ancora vedere nello stile italiano,
che consiste in un esercizio in cui si colpisce
continuamente di punta, come pure nella precisa pugnalada,
laddove con la spada e la daga si esegue un esercizio di
sensibilità a corta distanza. Nel Kali così come è inteso
oggi, Espada y daga è un settore che comprende la
combinazione di molte armi lunghe e corte, anche scudo e
bolo, scudo e kriss, coltello e scudo. Se ci troviamo con
una torcia in una mano e un ombrello nell'altra ecco le
nostre spada e daga. Riconosciuto come uno dei più difficili
metodi armati, Espada y daga combina i concetti di
combattimento con il bastone con quelli con il coltello.
Facendo riferimento alle distanze del combattimento, quella
del bastone comincia quando i due combattenti possono
colpirsi rispettivamente le mani o le braccia, mentre quella
del coltello è decisamente più corta e consente di colpire
gli arti dell'avversario anche con una lama piccola. Nella
spada e daga c'è una distanza speciale chiamata "colpisci e
taglia", dove il praticante di Kali è in grado di usare il
coltello ma non è troppo vicino da escludere i colpi di
bastone. Il metodi di allenamento e le progressioni
fondamentali restano le stesse anche in questo caso:
abecedario, sumbrada, combinazioni di colpi con bastone e
coltello, angoli fondamentali d'attacco. Ci sono poi
tecniche speciali di intrappolamento delle braccia armate
dell'avversario, dette kunci, ideate per l'uso di bastone e
coltello invece di spada e daga. Questo aspetto singolare
del Kali è senz'altro uno dei più difficili, ma fornisce al
praticante qualità come la velocità, il tempismo, la
flessibilità nel passare da una distanza all'altra. Il
metodo spada e daga viene insegnato inizialmente con bastoni
in rattan: uno lungo per simulare la spada e uno corto per
la daga o coltello. Successivamente vengono introdotte armi
da allenamento (training blades) in alluminio o ferro, che
nella forma ricordano la spada o il bolo filippino,
combinati ai diversi tipi di coltello esistenti, e
ovviamente privi di punta e filo. Prima di poter provare con
armi vere, i praticanti di Kali devono raggiungere una buona
maestria con quelle da allenamento: coordinazione, tempismo,
senso della distanza, lavoro di spostamento, corretta
postura delle lame e precisione negli attacchi. L’arma corta
viene utilizzata in molte situazioni: per colpire a corta
distanza, intrappolare le braccia dell'avversario, per
disarmare, per parare da sola o in aiuto di quella lunga.
Per esempio, tutte le tecniche di intrappolamento o disarmo,
eseguibili a mani nude, nel caso di combattimento armato
comportano simultaneamente anche il taglio sul pollice o sul
polso dell'avversario, che così sarà incapace di impugnare
qualsiasi arma. Quando un praticante di Kali è armato con
un'arma lunga e una corta è facile che l'avversario
sottovaluti la pericolosità della seconda per porre tutta
l'attenzione sull'ostacolare la prima: questo errore
momentaneo avrà però un caro prezzo, visto che la daga può
essere utilizzata come arma "nascosta per raggiungere
bersagli vitali.
7. Colpite il polso con la spada, mentre con la daga portate
al corpo un'azione combinata di taglio e punta. Da questa
posizione è possibile eseguire diverse combinazioni di colpi
con la spada e la daga Allenarsi con i bastoni può dare una
certa dimestichezza prima di passare alle lame, il cui
maneggio comporta anche un fattore psicologico: avvertiamo
che un errore significa qualcosa di più pericoloso di un
livido o un'escoriazione. Esercitandosi, i praticanti
imparano ad avere rispetto per le armi da taglio,
atteggiamento per difendersene anche a mani nude. Saper fare
una cosa è altrettanto importante di sapere quale è la cosa
migliore da fare e qual è il modo migliore per evitarla.
Ecco che allenarsi ad affrontare un avversario con spada e
daga sviluppa una difesa molto efficace. La fluidità dei
movimenti, che abbiamo già evidenziato, assume particolare
rilievo con le armi da taglio e ancora maggiore importanza
se si affronta un avversario con due armi, in questo caso
spada e daga. Sia nella pratica sia nelle dimostrazioni, i
praticanti di Kali si concentrano sulla precisione dei
movimenti armati. Praticando Espada y daga ci si abitua a
tener conto della punta e del filo delle lame
dell'avversario. Per esempio, esercitandosi a prendere in
considerazione il coltello dopo aver parato il bastone,
risulta relativamente semplice controllare il cross destro
dell'avversario che ha appena sferrato un jab. Uno dei più
importanti e avanzati metodi d'allenamento della spada e
daga è il numerado: l'allenatore, girando in cerchio, può
attaccare con qualsiasi combinazione; a sua volta,
l'allievo, difendendosi dagli attacchi, apprende il giusto
"posizionamento" del corpo e il lavoro di gambe negli
spostamenti. In tal modo, il numerado insegna anche a
difendersi contro attacchi multipli.
Difesa Personale, Punti Vitali e le armi
Il Kali è stato scelto da molti reparti speciali, militari e
della polizia, come uno dei sistemi più efficienti nel campo
della difesa personale. L'ecletticità di questa disciplina,
la sua versatilità, la capacità di adattarsi a qualsiasi
situazione, di utilizzare qualsiasi arma propria o impropria
e di usare le stesse parti del corpo come se fossero armi,
ha reso tale sistema dì combattimento uno dei pìù apprezzati
metodi per l'autodifesa nel mondo. Alcuni preziosi filmati
che riprendevano risse, aggressioni, pestaggi, all'interno
di bar, discoteche o scontri in strada, hanno dimostrato
quanto poco realistiche siano alcune tecniche
scolasticamente apprese in alcuni corsi di difesa personale.
Da queste riprese emergeva chiaramente che tutte le persone
coinvolte in risse se non erano già armate si preoccupavano
di attrezzarsi con qualsiasi oggetto a portata di mano per
trasformarlo in un corpo contundente. Coltelli, bastoni,
catene, bottiglie, piatti, boccali da birra, cacciaviti,
chiavi inglesi, sassi e chi più ne ha più ne metta,
costituivano l'arsenale di questi inconsapevoli attori.
Un'altra importante considerazione si poteva fare alla luce
di questi documentari: la distanza del combattimento veniva
continuamente cambiata arrivando inesorabilmente al corpo a
corpo e addirittura alla lotta a terra. Calci alti, tecniche
complesse molto belle in uno spazio libero come la palestra
venivano fortemente penalizzate in ambiti ristretti da
tavolini, sedie, banconi, corridoi, pavimento scivoloso,
vetri per terra, scale o, se lo scontro avveniva per strada,
da marciapiede, automobili ferme, in movimento, folla, ecc..
In altre parole se nel proprio allenamento non si è tenuto
conto dell'ambiente non solo si perdono delle occasioni per
usare questo a proprio vantaggio ma addirittura si può
creare una situazione sfavorevole che limiterà qualsiasi
azione difensiva. La circostanza che si delinea in una
aggressione o in una rissa è spesso caotica e incontrollata,
colui che è abituato nei suoi allenamenti a passare
dall'ordine al caos può mantenere una compostezza di
reazione in una situazione caotica. Il Kali sperimentato nei
meandri ristretti della giungla ben si adatta alla giungla
metropolitana in cui viviamo. Da quanto detto sopra si vede
l'importanza dell'ecletticità della nostra disciplina, l'uso
di qualsiasi arma o oggetto, uso di colpi di pugno e calcio,
leve, lotta portano ad acquisire una buona abilità, in tutte
le aree del combattimento. Noi possiamo sinteticamente dire
che esistono 5 argomenti da tenere in considerazione: armi,
calci (sikaran), pugni (panantukan), intrappolamento o
legatura degli arti (hubud), corpo a corpo e lotta a terra (dumog).
Se questi settori sono presi tutti in considerazione durante
il proprio studio, si potrà più facilmente portare lo
scontro su un'area in cui l'aggressore è meno ferrato.
Questo è uno dei principi cui tenere conto quando si
affronta uno scontro per strada. Sebbene tutto ciò che è
presente in questo libro serve per l'autodifesa o per la
difesa dei propri cari, in questo capitolo daremo dei
suggerimenti e degli allenamenti specifici per la difesa
personale ed illustreremo alcune tecniche di difesa in
diversi ambienti. Parleremo inizialmente di come è possibile
sviluppare degli attributi necessari a far fronte ad alcune
situazioni di pericolo, senza i quali anche la più bella
tecnica di autodifesa potrebbe risultare vana.
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