Con il bagaglio conoscitivo che si è sin qui esposto deve esaminarsi l'ipotesi che il DC9 sia stato abbattuto da un missile.
Si premette che, per le considerazioni che appresso si dettaglieranno, partiremo dalla premessa che sia fondatamente ipotizzabile che uno (o due, a seconda dell'interpretazione del tracciato radar) aerei militari abbiano intersecato la rotta del DC9 con modalità compatibili con il lancio di missili e in coincidenza spazio -temporale con l'evento distruttivo. Si tratta cioè delle rotte ricostruibili a partire dai punti -17 e -12 e che quindi limitano di conseguenza l'area possibile aggressione.
Tuttavia in questa sede si esamineranno solo gli elementi a favore o contro l'ipotesi considerata emergenti dall'analisi del relitto. Naturalrnente andrà tenuto conto che ipotesi in contrasto con le modalità sopra indicate non potranno in ogni caso avere fondamento. Dovranno quindi considerarsi esclusivamente ordigni con capacita di attacco laterale.
All'epoca dei fatti esisteva questo tipo di missili, sia a guida infrarossi (di tipo avanzato) sia a guida radar semiattiva. Nel secondo caso il radar dell'aereo attaccante, o di chi gli prestasse assistenza, avrebbe dovuto "illuminare" il bersaglio per un tempo necessario a consentire l'ingaggio da parte del radar del missile; in tutti e due i casi il bersaglio (fosse esso il DC9 o un aereo a questo vicino) avrebbe dovuto essere seguito prima della fase di attacco vera e propria attraverso il controllo visivo o, assai più probabilmente radar, dell'aereo attaccante oppure di altri mezzi (aerei, navi o siti terrestri) in grado di dirigere gli attaccanti.
Dando per ammessa, in questa parte della requisitoria, la ricostruibilità di una traiettoria originariamente parallela alla rotta del DC9 e poi con questa perpendicolare, a partire da qualche punto prossimo al -17, può concludersi che questi dati non sono in contrasto con il lancio di un missile. Si e però sottolineato che essi, indicano una geometria di attacco non ottimale. A questo primo stadio di approssimazione riterremo comunque accettabile l'ipotesi che sia stata seguita la geometria risultante da, tracciati radar. Qualora l'esame delle risultanze probatorie avvalorasse l'ipotesi dell'attacco rnissilistico, questo aspetto dovrebbe essere approfonditamence discusso
Nella perizia BLASI erano stati considerati indizi di esplosione esterna i seguenti:
a) mancanza di ustioni su tutti cadaveri recuperati
b) mancanza di CO e di HCN nei polmoni e nel sangue dei cadaveri sottoposti ad autopsia
c) cadaveri con poche lesioni esterne
d) rilevazione sul portellone portabagagli anteriore destro di almeno un foro con direzione esterno - interno e velocità decisamente superiore a 400 ms
e) presenza tra i frammenti recuperati nei corpi o in oggetti si trovavano all'interno della fusoliera di materiale proveniente dall'esterno della stessa (frammenti del rivestimento esterno - skin - o del carrello, ecc.)
f) traiettoria esterno - interno di due ribattini
g) traiettoria di una fascetta del condotto di ventilazione
h) traiettoria di un frammento di plastica
i) due schegge di alluminio, con tracce di fenomeno esplosivo e con composizione chimica corrispondente a quella di parti esterne del velivolo
j) assenza di tracce di esplosione su tutte le parti interne recuperate
k) impulso acustico registrato dal registratore di cabina, proveniente dall'esterno
l) traccia radar di velivolo estraneo con rotta quasi perpendicolare a quella del DC 9
m) individuazione di tracce di miscela TNT / T4, caratteristica di ordigni militari
Di alcuni di questi elementi si è già detto. Si limiterà qui l'analisi agli aspetti concernenti i danni riportati dal relitto e le prove ricavabili dalle indagini chimiche, frattografiche, metallografiche ed esplosivistiche. Agli elementi indicati dalla perizia BLASI devono poi essere aggiunti quelli desumibili dal lavoro dei nuovi collegi peritali, dal recupero di altri oggetti, dalle prospettazioni delle parti private.
Il recupero di gran parte della fusoliera del DC9 consente ora valutazioni molto più complete, rispetto a quelle che poterono esser fatte in passato. In particolare, molte delle zone nelle quali si individuavano dei vuoti, attribuiti di volta in volta a esplosione interna ed esterna, sono ora state colmate. Anche l'artifizio logico, spesso usato, di contrastare la mancanza di prove positive dell"evento ipotizzato, asserendo che le parti probanti erano andate disperse, perde di conseguenza gran parte della sua rilevanza, giacché sempre rninori sono le zone su cui possano non esser rimasti i segni ai un eventò esplosivo.
Resta, certamente, il carattere indiziante dell'assenza di intere parti del relitto, che è in sì un fatto non contestabile e che può dare utili indicazioni, quanto meno sui tempi e le modalità di separazione di dette parti.
Particolare attenzione alla formulazione dell'ipotesi dell'abbattimento del DC9 da parte di missili è stata prestata dai Consulenti della parte civile ITAVIA, Mario CINTI e Luigi DI STEFANO. Essi, infatti, partono essenzialmente dall'ipotesi SEWELL, ma la modificano in punti non secondari al fine di superare le obiezioni che ad essa erano state mosse.
In un ampio contributo, depositato il 23 dicembre 1995, e in successive note di risposte ad alcune osservazioni critiche, i Consulenti hanno sviluppato gli elementi sulla base dei quali dovrebbe affermarsi dette ipotesi, seguendo un percorso logico solo in parte coincidente con quello del Collegio dei Consulenti dei familiari della vittime.
Essi partono da presupposti in parte diversi da quelli posti da HELD: innanzitutto ritengono che anche missili a guida IR avessero, nel 1980, capacità di attacco laterale. Indicano poi, per un esemplare di tal genere di missile, l'AIM9L SIDEWINDER, una portata utile molto superiore a quella stimata dall'esperto tedesco. Utilizzano parametri per il calcolo della diffusione delle schegge in parte diversi. Di ciò, tuttavia, non si terrà conto in quanto si ritiene che, anche accettando per veri i parametri indicati dalla parte civile, deve comunque giungersi alla conclusione che non vi siano prove dell'impatto di uno o più missili.
Va sottolineato che essi, replicando a osservazioni critiche rivolte loro da uno degli imputati, il Generale MELILLO (152), contestano che l'ipotesi del missile possa venir formulata solo a partire dai dati radaristici, e in particolare dall'esame dei plots -17 e -12, e che la ricostruzione sia in realtà operata a ritroso, partendo da tali dati per individuare angoli di impatto e caratteristiche dell'ordigno con essi compatibili. Per la verità, quand'anche le critiche per tale ragione rivolte alla memoria dei Consulenti fossero fondate, non se ne vedrebbe l'aspetto negativo: è infatti del tutto ragionevole e corretto come procedimento logico che, a partire da un dato di fatto assunto come vero, si costruisca un'ipotesi di ricostruzione dell'evento con quel dato compatibile. Si tratterà, certamente, solo del primo passo, giacché l'ipotesi dovrà essere sottoposta a controllo e potrà essere accettata solo se non contraddetta, ma anzi corroborata da altri elementi.
(152) Cfr. Osservazioni di G. MELILLO.
Secondo i Consulenti, comunque, il ragionamento va ribaltato, giacché è proprio dal relitto del DC9 che si traggono i principali elementi di fatto a sostegno dell'ipotesi missilistica, mentre i dati radaristici non ne sarebbero che una corroborazione, non indispensabile (153).
In primo luogo, i Consulenti contestano la successione del collasso dell'aereo, per le ragioni che si sono già viste a proposito dell'ipotesi formulata dalla Perizia SANTINI. In sintesi, il rinvenimento di frammenti di parti anteriori del velivolo nella zona di recupero dei motori e l'esame del materiale ingerito dai motori indicherebbe che il velivolo è giunto integro all'impatto con il mare e che, in ogni caso, i due motori non si sono separati prima di questo evento. Sempre dall'esame della mappa dei ritrovamenti discenderebbe poi la localizzazione dell'originario varco nella fusoliera nella sua parte anteriore e non posteriore; tale esame viene condotto a partire dalla critica della distribuzione in mappa operata dal Collegio SANTINI, che non avrebbe tenuto conto dei rinvenimenti in passato schedati dal Collegio BLASI. Non sarebbe stato, in particolare, dato il dovuto peso al rinvenimento non solo di parti esterne (come ad esempio di parte del vano carrello anteriore) ma soprattutto del trolley, cioè del carrello per i rifiuti, situato nella Galley anteriore e rinvenuto nella zona a Nord dei reperti sul fondo marino: "il ritrovamento del reperto in quella posizione è una chiara indicazione che il danno al velivolo è avvenuto nella zona anteriore".
Essi riconsiderano, poi, le conclusioni cui era giunta la Perizia BLASI. Anche per questi aspetti si rinvia a quanto si è osservato in precedenza: alcune delle osservazioni dei Consulenti sono effettivamente di rilievo e non paiono adeguatamente contrastate dal Collegio Peritale. Tra queste, le caratteristiche delle schegge 64 M e 52 1M e il rinvenimento di esplosivo TNT e T4. Assai meno convincimenti le rivalutazioni interpretative dei fori sul portellone o la riconduzione a qualche fattore, ma non si comprende quale, connesso con un'esplosione interna delle sferule rinvenute nell'ala del DC9; nessun elemento nuovo, poi, viene dalle osservazioni in tema medico - legale.
(153) Memoria CINTI - DI STEFANO depositata il 10 giugno 1996
Il punto nodale è, in realtà, costituito dall'individuazione di danni sulla fusoliera anteriore, che vengono considerati effetto dell'impatto dei motori di due missili, esplosi a distanza dalla fusoliera del DC9. Si riprende, dunque, la tesi prospettata da SEWELL, ma con significativi approfondimenti e con sostanziali modificazioni.
I Consulenti ITAVIA indicano quindi le caratteristiche che dovette avere l'ordigno utilizzato dall'aereo attaccante, per rispondere contemporaneamente a tutti i fatti accertati: provenienza dell'aereo attaccante da rotta ortogonale rispetto al DC9; assenza di danni localizzati nei motori; assenza di danni diffusi derivanti da blast o da schegge; presenza all'interno dell'aereo di residui di esplosivo TNT e T4; vasto danneggiamento della parte anteriore della fusoliera.
Essi partono da un'attenta rassegna delle caratteristiche essenziali dei missili avioportati, in servizio nelle principali Forze armate nel 1980. Si tratta di un lavoro accurato, che analizza in primo luogo le possibili modalità di attacco e quindi i punti presumibili di impatto. Passa poi ad esaminare i danni che è ragionevole aspettarsi, in considerazione di alcuni parametri: "detti danni saranno diversamente localizzati a seconda del tipo di guida del missile (IR - infrarosso - o SARH - guida radar), a seconda del sistema di puntamento del missile ("curva del cane", "proporzionale" o "punto futuro") e saranno variamente estesi a seconda della dimensione del missile (teste di guerra da circa 10 Kg. per i missili da dogfigh o teste da 30 Kg. in poi per i missili più grossi) e a seconda della distanza alla quale il missile è esploso dall'aereo civile, cioè se si è avuto un colpo diretto o l'esplosione della testa di guerra è avvenuta nelle vicinanze a seguito dell'attivazione della spoletta di prossimità".
Posta questa premessa i Consulenti ricostruiscono rotte e posizioni relative del DC9 e dell'aereo attaccante, ipotizzando di conseguenza che al momento del disastro quest'ultimo si trovasse a 10 Km a ovest del DC9, con velocità al suolo di circa 330 mt/sec.. Assegnata al missile una velocità media al suolo di 700 mt./sec., il punto di lancio del missile viene stimato a circa 14 Km. di distanza dal punto di localizzazione del disastro. Il tempo di volo del missile fu di 20 secondi. Di conseguenza, al momento del lancio il DC9 (che volava alla velocità di 240 mt./sec.) si trovava di 5 mila metri arretrato rispetto a detto punto.
I consulenti utilizzano questo modello, pur consapevoli delle forti possibilità di variazioni derivanti dai margini di errore dei dati radar in azimut, al fine di descrivere un quadro di massima, a partire dal quale effettuare quel controllo di compatibilità di cui si diceva innanzi: infatti ipotizzano le diverse condotte che avrebbero dovuto tenere missili dotati di diversi sistemi di guida, in considerazione delle posizioni reciproche tenute dagli aerei, sia nella fase di scoperta e di acquisizione del bersaglio, sia in quella di vero e proprio attacco.
Le conclusioni del Collegio sono, a nostro parere, molto rilevanti, giacché contribuiscono a porre dei punti fermi, per esclusione. La disamina attenta e onesta sgombra il campo da numerose ipotesi, consentendo che la discussione si concentri sui punti di effettivo disaccordo interpretativo.
Esclusi subito i missili di tipo IR di vecchia generazione, le possibilità si focalizzano in un primo momento su missili a guida IR avanzata e su missili a guida radar semiattiva. I primi sono, come notano i Consulenti, di assai improbabile uso con le modalità di attacco ipotizzate, giacché le tecniche usualmente utilizzate comportano l'immediato disimpegno dell'aereo, subito dopo il lancio, giacché - a differenza degli ordigni a guida radar - non è necessario che il bersaglio resti illuminato dal radar dell'attaccante. Questa manovra evasiva non viene effettuata nel caso di specie, giacché la rotta individuabile a partire da -17 e - 12 prosegue, attraversando quella originaria del DC9.
Ma il sistema di guida a raggi infrarossi va escluso per un più radicale motivo: sia ipotizzando un sistema di puntamento e guida a "punto futuro di impatto", che quelli detti "curva del cane" e "proporzionale", la fonte principale di calore, verso la quale, si sarebbe indirizzata la testata autocercante, sarebbe rimasto il motore destro. Sarebbe certamente cambiato l'angolo e la direzione di impatto: nel primo caso infatti il missile avrebbe raggiunto l'aereo con direzione avanti - dietro, mentre negli altri due casi con direzione di inseguimento e quindi dietro avanti. Comunque ciò non avrebbe modificato i punto di impatto, determinato dalla fonte principale di calore (motore destro). A questo proposito i Consulenti esaminano anche, per escluderli, possibili effetti di cattura del sistema di puntamento, derivanti dalla riflessione del sole sui finestrini e sulla superficie della fusoliera, per escluderli.
"In caso di impatto di missile a guida IR avanzato dovremmo trovare i danni nell'interno del motore destro, con il verso prima descritto".
Nettamente diverso verrebbe essere il punto di impatto di un missile a testata radar, lanciato con le modalità che si sono viste. In questo caso il sistema di puntamento è attratto non dal calore, ma dalla superficie riflettente. Secondo i Consulenti, nel caso di attacco laterale, la parte posteriore dell'aereo, caratterizzata da superfici con angoli diversi, avrebbe una capacità riflettente molto inferiore rispetto a quella della fusoliera, costituita da un tubo e quindi con proprietà riflettenti assai superiori. In questo caso, dunque, il missile avrebbe seguito una traiettoria sostanzialmente analoga a quelle descrive in precedenza (dipendendo ciò dal sistema di elaborazione del dato associato a quello di guida) ma con punto di impatto del tutto diverso: la parte anteriore della fusoliera.
In conclusione, ipotizzando un missile di tipo SARH "dovremmo trovare i danni nella zona di fusoliera compresa tra l'attaccatura delle ali e la cabina di pilotaggio, con entrata sul lato destro e uscita su quello sinistro", con angoli e direzioni diversi a seconda del sistema di elaborazione.
Poste queste premesse, i Consulenti stabiliscono anche i parametri di funzionamento della spoletta di prossimità, indicando una distanza dal bersaglio di 10 metri (ottenuta convenzionalmente, per media delle distanze di 5/15 metri alle quali vengono abitualmente tarate le spolette) e considerando che i sensori delle spolette sono indirizzati radilmente, in corrispondenza con l'angolo di proiezione delle schegge.
I Consulenti determinano poi il peso effettivo ipotizzabile delle cariche esplosive (dedotto, dal peso complessivo delle testate, quello delle altre componenti) e ciò al fine di calcolare il diametro dell'onda esplosiva (blast) (154).
(154) Il Generale MELILLO ha sottoposto a una serrata critica anche la scelta del complesso dei parametri suddetti e soprattutto delle caratteristiche dei missili, utilizzare per la esemplificazione del modello di ricostruzione. Come si vedrà, le conclusioni dei Consulenti ITAVIA non sono condivisibili neppure quando si utilizzino i parametri indicati nel loro stesso elaborato. In sintesi MELILLO contesta che esistessero nel 1980 missili aria - aria che avessero contestualrnente le caratteristiche prese a riferimento: portata superiore a 14 chilometri, guida radar semiattiva o ad infrarosso con capacità di attacco laterale e peso della testata di 10 chilograrnmi. I missili con tal peso di testata, infatti, appartengono a classi con portata utile assai inferiore a quella stimata dai Consulenti; alla portata superiore ai 10 km. corrispondono missili di rilevante dimensione, con adeguata testata bellica, nell'ordine delle decine di chilogrammi. Ciò naturalmente influenza in maniera notevole la valutazione degli effetti dell'esplosione sulla struttura dell'aereo - bersaglio e in particolare il calcolo degli effettii del blast e della proiezione delle schegge, oltre a quello della massa del corpo dei missile dopo la detonazione della testata. Cfr. MELILLO, memoria del 23 dicembre 1995
Sulla base dei parametri suddetti (velocità e direzione del missile, diametro del blast ecc ) essi affermano che i sensori della spoletta di prossimità - nell'ipotesi di attacco laterale - sarebbero attivati dall'estremità dell'ala destra, che sarebbe la prima parte del DC9 a entrare nel cono di attivazione del sistema. Poiché l'ala si protende dalla fusoliera per circa 12 metri, nelle ipotesi considerate (ed escludendo qui quella di diretto impatto con l'ala) il missile sarebbe dovuto esplodere a 12 metri dalla parte posteriore della fusoliera, nel caso di missile IR, e a 14 metri dalla parte anteriore della fusoliera, nell'ipotesi di testata SARH. In un'accurata ricostruzione grafica i Consulenti determinano anche la posizione, nelle due ipotesi, e di conseguenza calcolano i possibili effetti del blast, per i pesi delle testate di guerra sopra ipotizzati.
Secondo i Consulenti, le posizioni così calcolate dei due punti di esplosione non avrebbero in ogni caso dovuto determinare rilevanti effetti sulle strutture del DC9, ma al più sulla sua "pelle" (skin).
Più complessa è invece la verifica dei danni che avrebbero dovuto esser indotti dalle schegge e dalle componenti residue del missile. I Consulenti elaborano infatti un modello tridimensionale del DC9, sviluppandone le parti ricostruite e quelle mancanti e applicando a tale modello le ipotesi di impatto di un missile che si sono innanzi descritte.
Per ciò che concerne le schegge, il modello ricostruttivo proposto dai Consulenti concentra la possibilità di impatto sul DC9 esclusivamente nella parte posteriore e nell'estremità dell'ala destra, per entrambe le ipotesi di guida del missile. Infatti la spoletta di prossimità sarebbe attivata a distanza tale dall'aereo che la geometria di proiezione delle schegge determinerebbe un cono che escluderebbe la quasi totalità dell'aereo. Di conseguenza, secondo questa ricostruzione, sul DC9 dovrebbero essere rilevabili esclusivamente effetti secondari del blast e un quantitativo non precisato di schegge nelle due parti indicate.
E' singolare che non sia prospettata, in una così accurata ricostruzione, anche una quantificazione statistica delle schegge nelle zone interessate. MELILLO, in una sua memoria, completerà questa parte dell'analisi, indicando una distribuzione presumibile delle schegge incompatibile con i danni rilevabili sull'ala e sulla fusoliera.
Sta di fatto che l'esame delle parti interessate, secondo i Consulenti ITAVIA, dà un risultato che dovrebbe esser considerato negativo e che avrebbe dovuto portare a considerare l'ipotesi "falsificata": infatti i Consulenti non riescono a individuare che due possibili fori. Uno però è un foro di uscita, nella parte sinistra ed è indicato come prodotto da una scheggia esclusivamente perché con petalatura verso l'esterno.
Anche le ricerche, proseguite anche con un'apposita nuova ispezione del relitto che ha avuto luogo il 15 ottobre 1996, di fori o tracce di impatti sulle parti alte della deriva e dei piani posteriori ha avuto esito negativo.
L'unico foro che poterebbe effettivamente ricondotto a penetrazione di un oggetto esterno al DC9 è quello individuato sul Flap dell'estremità dell'ala destra, che ha formato oggetto di specifico accertamento peritale, attraverso la sottoposizione di un quesito al Collegio metallografico - frattografico. La conclusione del Collegio peritale è in termini che questo Ufficio non ritiene compatibili con l'ipotesi che a causarlo sia stata una scheggia proveniente dalla testata di guerra di un missile. Va ben tenuto presente, infatti, che in questo caso non vi sarebbe dubbio circa la necessita di attribuire la scheggia non al corpo del missile o a elementi di copertura della testa, ma ai frammenti appositamente costruiti per cagionare effetti letali. La velocità di proiezione di questi frammenti, alla distanza minima dall'esplosione derivante dalla localizzazione nell'estremità dell'ala e quindi nel punto più vicino a quello di detonazione, avrebbe dovuto esser superiore a quella ("medio- alta") indicata nella perizia. Non va poi sottovalutato che il Collegio non ha potuto affermare con certezza nemmeno che le velocità fosse medio - alta, limitandosi a una valutazione probabilistica.
E' opportuno citare l'intero brano della relazione peritale:
"Sulla lamiera dorsale e su un flap sono stati individuati i segni di due fori causati da oggetti presumibilmente provenienti dall'esterno dell'ala stessa.... Il foro sul flap ... è stato sottoposto ad analisi particolari dai componenti del Collegio. Il reperto, individuato col nr. 627, mostra che il foro ha una superficie di frattura prevalentemente normale alla superficie esterna molto liscia, probabilmente dovuta a, tensione tangenziale; si può ipotizzare l'azione di un oggetto a velocità medio-alta". (155)
Particolarmente significativa è l'individuazione delle caratteristiche della frattura, sia per la direzione ("prevalentemente normale alla superficie esterna") che per il modo di propagazione della frattura (appartenente al c.d. MODO III, descritto nella relazione di perizia frattografica) (156). Tali caratteristiche appaiono incompatibili con quelle che sarebbe logico aspettarsi in considerazione dei punti di esplosione della testata, individuati dai Consulenti e che, peraltro, almeno nel caso di quello anteriore, è anche l'unico compatibile con l'impatto del corpo del missile con la fusoliera, che costituisce l'ulteriore passaggio della ricostruzione dei tecnici della parte civile.
(155) Relazione depositata il 30 luglio 1994, datata 29 luglio 1994
(156) La frattura è un processo di nuove superfici per distacco di due lembi di un manufatto la cui propagazione si schematizza secondo uno dei modi illustrati nella figura seguente (si allega la figura tratta da pag. l 9 della relazione peritale)". Rel. ul. cit.
Per questo aspetto i Consulenti si basano sull'ipotesi di ricollocazione dei diversi frammenti recuperati dell'aereo, formulata dal Collegio peritale e che ha portato alla ricostruzione sia su mappa che in simulacro del DC9. A tale ricostruzione è stato applicato il modello tridimensionale di cui s'è detto, che evidenzia, le parti mancanti della fusoliera e quindi i possibili varchi aperti dall'impatto con il corpo del missile, che si ipotizza abbia proseguito la sua corsa dopo l'esplosione della testata di guerra.
Delle due traiettorie considerate, quella che attinge la zona posteriore (corrispondente a un missile a guida IR avanzata) viene scartata, per l'assenza di danni compatibili con l'impatto del missile.
La seconda, invece, corrisponderebbe a danni rilevabili sulla fusoliera e che il modello tridimensionale consentirebbe di meglio riconoscere.
Si possono "isolare due probabili zone di impatto, localizzate la prima (chiamata d'ora in poi IM1) nella parte anteriore fra le stazioni 200 e 313, la seconda (IM2) più arretrata, vicino all'attaccatura delle ali, fra le stazioni 380 e 489.
- IM1 corrisponde all'impatto di un missile in arrivo perpendicolare alla radiale della fusoliera, dal basso, con un angolo di 20°
- IM2 corrisponde all'impatto di un missile in arrivo perpendicolare alla radiale della fusoliera, dal basso, mentre il DC9 ha mutato il suo assetto e sta salendo o ruotando verso sinistra o tutte e due le cose contemporaneamente".
I Consulenti notano che lo schema utilizzato da SEWELL è completamente diverso e che non se ne comprende la giustificazione; in realtà SEWELL utilizzò, per la formulazione della sua ipotesi, solo una trasposizione provvisoria dei frammenti sulla proiezione del DC9, che fu poi radicalmente mutata.
L'ipotesi di correlazione delle zone di impatto con due missili sarebbe confortata da tre elementi:
1. L'assenza di segni di impatto sulle altre parti della fusoliera del DC9
2. La compatibilità della velocità degli oggetti che avrebbero impattato contro il velivolo, risultante da detta ricostruzione, con quella residua di un missile lanciato alla distanza di 14 Km.
3. la "coerente similitudine fra le dimensioni e le forme delle zone di impatto rispetto alle dimensioni e le forme del modello di missile proiettato che, se anche potrebbe esser definita causale in un caso, difficilmente lo può essere nei due casi" (e cioè per entrambe le aperture correlate ai due missili).
Va però osservato che l'elemento sub 1. non può essere portato a corroborazione dell'ipotesi, giacché è semplicemente un elemento negativo per l'ipotesi di impatto in altre zone, ma nulla ci dice positivamente circa la possibilità che i varchi individuati nella zona anteriore siano generati dal corpo del missile. Per tale aspetto dell'accertamento si tratta dunque di un elemento neutro, irrilevante.
Il secondo punto è stato oggetto di rilievi critici da parte dell'imputato MELILLO. I Consulenti hanno replicato indicando i parametri utilizzati per calcolare la velocità residua di un missile, della classe in esame, dopo 20 secondi dal lancio e presupponendo una velocità della piattaforma quale desumibile dalla estrapolazione dei dati radaristici. Tali parametri, sottoposti all'unico controllo che può competere all'A.G. in sede di valutazione di argomenti tecnici, potrebbero però esser in contrasto con altri elementi acquisiti.
Infatti, benché la pubblicazione specializzata Jane's, presa a riferimento dai Consulenti di Parte civile, accrediti il SIDEWINDER AIM9L di una portata di 18 chilometri, lo studio del Prof. HELD indica un raggio di azione di 7.5 chilometri. (157) Ciò si rifletterebbe anche sui calcoli sulla velocità residua al momento dell'esplosione della testata. Tale valore, peraltro, è indicato nell'originario elaborato delle parti civili in 700 m/s., mentre nella memoria di replica alle osservazioni dell imputato si utilizza un parametro differente (400 m/s.).
In sostanza, non si hanno elementi certi per valutare appieno tale aspetto dell'ipotesi ricostruttiva.
Tale controllo ha invece esito certamente negativo, a parere dei requirenti, per ciò - che concerne il punto 3. Appare davvero insostenibile ipotizzare che possano essere individuati - con pretesa di fondatezza, correlazioni tra la forma e la dimensione dei varchi e quelle del missile. Tra l'altro, questa pretesa contraddice il presupposto da cui era partita l'indagine dei Consulenti ITAVIA e cioè che l'indicazione di un particolare tipo di missile fosse finalizzata esclusivamente alla esemplificazione. E infatti nel corso dell'esposizione vengono considerati diversi modelli di missile, senza che sia effettuata un'opzione circa l'effettivo missile utilizzato nel caso reale (SIDEWINDER, di varie serie, SPARROW, APEX, MATRA S530, ATOLL SARH)
(157) Cfr. Le tabelle allegate alla relazione "missili antiaerei" del 22 settembre 1993, che si allegano.
Anche quest'aspetto è stato oggetto di osservazioni critiche da parte del Generale MELILLO. I Consulenti hanno replicato proponendo un modello di generazione dei varchi e delle deformazioni delle lamiere, desunto dall'esame del disastro di Lockerbie. Particolare rilievo viene dato agli effetti della decompressione esplosiva determinazione di estroflessioni nel varco di uscita. Tali deformazioni peraltro caratterizzerebbero anche i montanti della porta anteriore sinistra di accesso dei passeggeri, criticandosi la mancanza di specifici accertamenti frattografici sul punto.
Questa critica è del tutto infondata, perché fu proprio il Collegio frattografico a indicare, già nel verbale delle operazioni peritali del 17 gennaio 1992, come oggetto degli accertamenti proprio le "zone di rottura e di deformazione delle travi che formano il telaio della porta passeggeri". La relazione peritale dà conto delle indagini svolte proprio sul telaio della porta passeggeri, le cui deformazioni vengono accuratamente descritte e anche documentate fotograficamente e per le quali si individua un'"azione di direzione avanti -dietro" e quindi incompatibile con l'ipotesi prospettata dai Consulenti di parte.Anche queste osservazioni, tuttavia, non reggono al vaglio critico. Andrebbe infatti dimostrato che i gravissimi danni cagionati nella parte destra della fusoliere dall'impatto sequenziale di due corpi di missili, con devastanti conseguenze sulla integrità di tale parte della parete, potessero comunque consentire il permanere nella fusoliera di un valore di differenza di pressione rispetto all'esterno tale da determinare effetti da decompressione esplosiva sul lato sinistro. Nel parallelo con Lockerbie, a questo proposito, non vanno confuni i danni da decompressione esplosiva, conseguenti alla rapida depressurizzazione causata dall'apertura di un varco, con quelli della canalizzazione dell'onda esplosiva nei condotti di areazione e nelle intercapedini, che sono poi quelli che hanno causato la rapidissima decomposizione del 747.
Ma molte altre sono le ragioni che portano ad escludere che la ricostruzione proposta dai Consulenti di parte ITAVIA possa essere accettata.
(158) Relazione di perizia metallografica - frattografica del 29 luglio 1994, depositata il successivo 30 luglio.
1. E' arduo immaginare che entrambe i missili abbiano colpito il DC9, dopo l'esplosione della testata. Si tratta infatti di un evento raro, anche se non eccezionale, e di conseguenza la probabilità che si reiteri casualmente in immediata successione appare immediatamente assai poco ragionevole.
2. Il modello proposto è statico, per la parte relativa all'approccio dei missili al DC9, mentre diviene dinamico nella parte relativa alla valutazione dei danni: la compatibilità dei varchi individuati con l'impatto del corpo del secondo missile è infatti condizionata alla rotazione e all'innalzamento dell'aereo, subito dopo il primo impatto. La modificazione del modello avrebbe però imposto che si calcolasse anche la residua compatibilità in termini temporali, di angolo e direzione di impatto, di localizzazione degli effetti primari e secondari dell'esplosione (blast, schegge ecc.) di tali repentini mutamenti di assetto del DC9. Tanto più che si ipotizza che le due armi siano state lanciate in tempi molto ravvicinati.
3. Come approfondimento del punto 2, dovrebbe poi accettarsi che tra il momento di impatto del primo missile e quello del secondo (che sono indicati come ravvicinatissimi, tanto che si asserisce che avrebbero prodotto addirittura la medesima impronta, se non vi fosse stata una variazione di assetto del DC9) si sia potuto verificare detto mutamento di assetto, causato evidentemente dalla perdita di peso e dalla modificazione delle caratteristiche aerodinamiche del velivolo, oltre che dalle forze direttamente agenti sull'aereo, a causa dell'impatto trasversale. Appare, poi, veramente non accettabile che la strumentazione del missile abbia potuto percepire la variazione di assetto e seguirla, cosi come è necessario ipotizzare per giustificare la relazione tra il punto di entrata del missile e quello individuato come foro di uscita. (159)
4. Non sono stati rinvenuti segni dei danni che l'attraversamento dei due oggetti avrebbe dovuto causare agli arredi del DC9 (ad esempio dei tappeti, che sono stati rinvenuti nella loro quasi totalità) e ciò benché si ipotizzi che uno almeno dei missili abbia attraversato il pavimento.
5. La traiettoria intera dei due oggetti non è in grado di giustificare la repentina interruzione dei circuiti elettrici (160) (tale da impedire la registrazione dell'evento sul CVR) e l'arresto dei motori; anche questo, peraltro, deve essere avvenuto in tempi brevissimi, giacché gli oggetti ingeriti non hanno causato danni rilevanti alle turbine e non sono stati, a loro volta, oggetto di danni da elevata temperatura e da trituramento.
6. L'esplosione della carica a 14 metri di distanza dalla fusoliera e quindi ben oltre gli effetti del blast rende ancora più arduo ritenere che particelle incombuste possano esser state portate all'interno del DC9, sia con il meccanismo della nube esplosiva, sia con quello della adesione a frammenti del missile. La localizzazione dell'esplosivo (in bagagli e in punti interni dei sedili) è incompatibile con tale dinamica.
(159) Dalla proiezione ottenuta nel disegno impatto 1, si ha l'indicazione che questo secondo missile sia arrivato sull'aereo civile quando questo aveva mutato il suo assetto rispetto al volo livellato. L'indicazione è relativa a un assetto in salita e a una traiettoria del missile anch'esso in salita a seguire l'aereo civile" Memoria CINTI - DI STEFANO depositata il 10 giugno 1996.
(160) Non può certo considerarsi esaustiva in proposito l'osservazione che l'interruzione totale dell'energia elettrica sia stata dovuta all'azione del primo missile che può avere interrotto i cavi elettrici e/o danneggiato la centralina di controllo".
7. Del tutto privi di spiegazione restano i fenomeni rilevabili su alcuni oggetti recuperati, primo tra tutti il vestito di bambola. Esso risulta attraversato da frammenti ad alta velocità, che hanno provocato la fusione delle fibre, insieme ai noti fenomeni di globularizzazione, visibili anche su altri reperti. Anche in questo caso, la distanza di detonazione e la geometria delle schegge sono tali da escludere qualunque possibilità che frammenti conservati alta velocità e temperature possano aver superato la "pelle" dell'aereo e quindi attraversato gli oggetti citati.
A questi elementi, strettamente legati alla diretta critica dell'ipotesi proposta, altri se ne aggiungono di non minore spessore, attinenti alle caratteristiche delle deformazioni patite dalla parte anteriore destra della fusoliera, che indicano che tale parte doveva essere integra al momento dell'impatto con il mare. Si è poi già detto come altri elementi, che pure i Consulenti riprendono quali corroborazione dell'ipotesi, siano invece non utilizzabili come tali. Tra questi occorre solo ricordare i due fori sul portello porta bagagli, per aggiungere a quanto già osservato che deve escludersi la compatibilità tra la posizione e la direzione di penetrazione dei frammenti che li avrebbero prodotti, e il punto indicato come quello di possibile detonazione della testata dei missili. E ciò a tacere che nella ricostruzione della proiezione dei frammenti, la parte anteriore della fusoliera era del tutto esclusa.
Valgono qui, dal punto di vista opposto, le osservazioni critiche che furono avanzate a proposito della relazione della Perizia collegiale: non è possibile esaminare separatamente i diversi dati di fatto, attribuendo loro significato oppure negandolo, senza coordinarli con tutti gli altri.
In conclusione, una disamina serena del materiale probatorio, così come letto dai Consulenti ITAVIA, non solo porta ad escludere che siano riscontrabili segni di impatto di missili o di loro componenti sul DC9, ma anche che l'ipotesi che vi sia stata la detonazione di ordigni senza che ne restasse traccia sia sostenibile.
Il lavoro dei Consulenti, proprio per l'accuratezza e l'onestà che lo contraddistingue, costituisce - a parere dei requirenti - un ulteriore elemento di smentita dell'ipotesi che a causare la perdita dell'aereo sia stato un missile. Oltre, infatti, all'eliminazione dal novero dei possibili ordigni di una serie di missili, per il loro sistema di guida, resta accertato che non vi sono geometrie di impatto (o meglio di attivazione della spoletta o di prossimità o ad impatto) che possano causare la perdita dell'aereo senza lasciare segnature di schegge almeno sulla parte posteriore e sull'estremità dell'ala.
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