L'APPROCCIO SCIENTIFICO

La scienza ufficiale naturalmente nega l'esistenza degli UFO, che sono considerati privi di interesse perchè palesemente frutto di errori, illusioni ottiche, scherzi o truffe. Tuttavia, l'esistenza di altre forme di vita nell'Universo è considerata possibile (secondo certi modelli anche probabile) e sono perciò state intraprese una serie di iniziative per stabilire un contatto con eventuali civiltà extraterrestri tecnologicamente mature.

Tutti gli atomi presenti in natura sono "nati" con il Big Bang, sono stati "cucinati" nelle supernove, poi compressi, aggregati, bolliti, raffreddati ed infine riuniti insieme per costituire tutto ciò che vediamo attorno a noi. In fondo, quelli del nostro cervello non sono altro che atomi che ora si voltano a guardare l'Universo da dove sono venuti, cercando di indovinare la propria origine. E' come se l'Universo cominciasse a guardare se stesso ponendosi delle domande. Qual'è la probabilità che il processo che ha portato alla formazione degli esseri viventi si sia ripetuto altrove? Nessuno può rispondere con certezza a questa domanda, ma molti scienziati ritengono che la probabilità sia alta, perchè ci si è accorti che ci sono altri pianeti che orbitano attorno ad altre stelle e che le condizioni atte alla formazione della vita non sono poi così rare nell'Universo. In realtà questo è un punto controverso, ma una buona base di partenza potrebbe essere cominciare con lo stabilire quanti pianeti ci sono nell'Universo e quanti di essi sarebbero in grado di ospitare la vita.

Quanti pianeti?

Quanto è grande l'Universo? Supponendo che la Terra fosse grande quanto un chicco di grano, il Sole disterebbe 10 metri e Plutone addirittura 400. La stella più vicina (Proxima Centauri) disterebbe 1000 km. Avete ora un'idea di quanto siamo piccoli, e potete immaginare quanti corpi celesti a noi sconosciuti possono abitare uno spazio così grande. Anche con i telescopi più potenti, gli unici pianeti che siamo in grado di vedere sono quelli che compongono il nostro Sistema Solare, anche se Hubble ci ha dato qualche immagine di probabili sistemi planetari in formazioni (nubi protoplanetarie). Perchè è così difficile avvistare un pianeta mentre possiamo vedere moltissime stelle, anche molto distanti? Perchè le stelle brillano di luce propria, mentre i pianeti brillano (e poco) di luce riflessa, come la Luna, e ad una certa distanza non sono più visibili. Inoltre il bagliore accecante di una stella può facilmente nascondere alla vista un'eventuale pianeta. Gli astronomi non si sono comunque arresi, ed hanno escogitato alcuni ingegnosi sistemi per stabilire l'esistenza di un pianeta attorno ad una stella. Un sistema è quello di osservare i cosiddetti dischi protoplanetari o nubi protoplanetarie, cioè pianeti in formazione che emettono radiazioni nell'Infrarosso: un via questa intrapresa nel 1984 con il satellite IRAS.

Un'altro sistema è quello di intuire l'esistenza di un pianeta dalle perturbazioni gravitazionali che esso provoca nell'orbita della stella osservata o dei corpi celesti circostanti (alcuni pianeti del Sistema Solare sono stati scoperti così). Ma come devono essere fatte le stelle per avere un sistema planetario adatto alla vita? Innanzitutto non devono essere stelle doppie, perchè gli eventuali pianeti presenti avrebbero orbite troppo ellittiche; di conseguenza passerebbero da un eccessivo caldo ad un eccessivo freddo. Anche le stelle molto calde non vanno bene (quelle che appaiono azzurre) perchè hanno una vita troppo breve, da 1 a 10 milioni di anni (il Sole ha circa 5 miliardi di anni e ne vivrà ancora altrettanti). Le stelle troppo piccole potrebbero non sviluppare calore a sufficienza. Tutte le altre stelle potrebbero avere un sistema planetario. Quante sono queste stelle? E' difficile dirlo, forse una stella su 100 o una su 1000: ma calcolando che solo nella nostra Galassia ci sono da 100 a 200 miliardi di stelle il numero ottenuto è comunque rilevante.

Quanti pianeti adatti alla vita?

Abbiamo quindi totalizzato da 100 milioni ad un miliardo di stelle adatte ad evere un sistema planetario. Ma quanti di questi pianeti sarebbero adatti alla vita? Si potrebbe pensare che non è detto che tali pianeti debbano avere caratteristiche identiche a quelle della Terra: essa stessa ci insegna che la vita può esistere nelle condizioni più diverse di temperatura, pressione, ambiente. Ci sono però dei limiti oltre i quali la vita non può neppure iniziare. Quali sono questi limiti? I nostri vicini Venere e Marte sono due ottimi esempi contrapposti di pianeti inadatti alla vita. Venere è avvolto da una coltre di nubi composte principalmente da acido solforico e (soprattutto) da anidride carbonica, con una pressione al suolo stimata in oltre 90 atmosfere ed una temperatura superficiale di circa 450°C, sufficiente a fondere il piombo. Marte, dal canto suo, è un pianeta arido e desertico, con un'atmosfera sottile ed una temperatura glaciale. La vita, per quanto sorprendente, non può svilupparsi in ambienti tanto difficili.

Tuttavia l'osservazione di questi ed altri pianeti del nostro Sistema Solare ci ha insegnato che è fondamentale la quantità d'acqua presente nell'atmosfera. L'acqua sembra infatti avere un ruolo di rilievo nello sviluppo delle strutture molecolari. La domanda da farsi potrebbe allora essere: la presenza di acqua in abbondanza è un evento raro per un pianeta oppure no? Le immagini di Marte prese dalle sonde Viking sembrano indicare che sul pianeta era in effetti presente acqua in quantità, che poi è andata persa. Forse allora la presenza d'acqua non è poi così rara, bisogna poi vedere quali sono le condizioni tali per cui quest'acqua non vada perduta. Alcuni scienziati suggeriscono che su Marte sia presente acqua congelata nel terreno, e che basterebbe scaldarlo per vederla uscire in gran quantità. I problemi di Marte sembrano quindi essere la sua orbita, troppo lontana dal Sole, e le sue dimensioni, forse troppo ridotte. Lo stesso si può dire per venere, che è troppo vicino al Sole: in effetti si pensa che se la Terra venisse spostata nell'orbita di Venere, diventerebbe esattamente come il suo vicino.

Queste considerazioni hanno portato alcuni astronomi a sostenere che la vita è un fenomeno assai raro, dato che piccoli cambiamenti possono avere grandi conseguenze. Altri sostengono invece che le cose non sono così semplici: da quando esiste la vita, la Terra è cambiata da un pianeta ricco di idrogeno ad uno ricco di ossigeno, ci sono state ere glaciali, i continenti si sono spostati, eppure la vita è continuata. Noi non possiamo che rilevare che le variabili in gioco sono effettivamente moltissime: ad esempio se spostassimo la terra nell'orbita di Marte e aggiungessimo un po' di anidride carbonica nell'atmosfera, potrebbe crearsi un "effetto serra" sufficiente a preservare il nostro pianeta dal diventare una ghiacciaia priva di vita. Altre variabili da tenere in considerazione includono le dimensioni di un pianeta, che non deve essere troppo piccolo (perderebbe la sua atmosfera) né troppo grande (diventerebbe un gigante gassoso come Giove).

La conclusione è sorprendente: se mettiamo assieme tutte le caratteristiche fin qui delineate basandoci sulle leggi della Fisica valide in tutto l'Universo, otteniamo il ritratto di un pianeta assai simile alla Terra.

Che tipo di vita?

Già, che tipo di vita? Gli organismi terrestri si basano sul carbonio, che è un atomo a 4 valenze e funziona bene come "scheletro" chimico, ma si ipotizza che su altri pianeti l'elemento centrale potrebbe essere un altro (come il silicio). Tuttavia i quattro elementi più diffusi nell'Universo sono l'idrogeno, l'azoto, l'ossigeno ed il carbonio, ed appare quindi probabile che la chimica del vivente si basi quasi dovunque su questi elementi, che sono poi quelli di cui sono fatti gli esseri viventi terrestri. Questa considerazione ci porta a stabilire dei limiti anche per quanto riguarda la temperatura: i composti del carbonio vengono distrutti ad una temperatura di 400°C, ma gli organismi viventi terrestri si disgregano già a circa 100°C ed il metabolismo e la riproduzione si arrestano a 0°C. Il nostro pianeta candidato dovrebbe quindi avere anche una temperatura superficiale compresa tra 0 e 100°C. Tuttavia, se accettiamo l'ipotesi che prevede l'esistenza di biochimiche diverse e a noi sconosciute, si può dire qualunque cosa.

Civiltà extraterrestri

L'ipotesi dell'esistenza di civiltà extraterrestri è presa sul serio dalla NASA, che da anni gestisce un programma di ricerca di intelligenze extratterestri (SETI). Abbiamo appena visto quali sono le condizioni affinchè la vita possa esistere su un pianeta; vediamo ora quali sono le probabilità che ciò sia avvenuto e che abbia dato luogo allo svluppo di vere e proprie civiltà tecnologiche.

La stima di questa probabilità e ovviamente molto difficile, perciò cercheremo di tracciare due "curve": una ottimistica e l'altra pessimistica (escludendo il caso del pessimismo estremo che nega l'esistenza di ogni forma di vita extraterrestre). Considereremo il massimo dell'ottimismo l'analisi fatta da Isaac Asimov nel suo libro Civiltà Extraterrestri, mentre per il pessimismo cercheremo di essere abbastanza restrittivi ma senza esagerare.

  1. Quante stelle esistono nella nostra Galassia? Circa 200-300 miliardi. Per un calcolo pessimistico diciamo 100 miliardi.
  2. Quante stelle possono avere un sistema planetario simile al nostro? L'ottimista dice l'1,7% di 300 miliardi, cioè 5 miliardi; il pessimista dice lo 0,1% di 100 miliardi, cioè 100 milioni.
  3. Quante sono le probabilità che in un tale sistema planetario ci sia un pianeta nella posizione giusta? La stima ottimistica è del 20% (1 miliardo di stelle rimanenti), quella pessimistica del 10% (10 milioni di stelle rimanenti).
  4. A questo punto ci poniamo una domanda importante: se il pianeta è adatto, qual'è la probabilità che vi nasca la vita? Tutti sono d'accordo che ovunque si possano formare facilmente molecole organiche (che sono i mattoni della vita): non si sa però quale sia la probabilità che si uniscano insieme per formare sitemi in grado di replicarsi. Ci sembra quindi ragionevole suddividere la nostra stima in tre parti: ottimistica, moderata, pessimistica. L'ottimista (Asimov) dice che la vita è un fenomeno spontaneo laddove l'ambiente la supporti: 100% di 1 miliardo = 1 miliardo; il moderato potrebbe dimezzare tale valore: 50% di 10 milioni = 5 milioni; infine il pessimista ritiene che ci sia appena una probabilità su 10 000: 0.01% di 10 milioni = 1000.
  5. Ora dobbiamo calcolare quanto è probabile che la vita, una volta nata, evolva. L'ottimista dice che la probabilità è del 70% (rimangono 700 milioni di stelle), il moderato che è del 20% (rimangono 1 milione di stelle), il pessimista che è solo del 5% (rimangono 50 stelle).
  6. Quanto è probabile l'intelligenza? Per l'ottimista il passaggio da esseri pluricellulari a forme intelligenti è quasi certo (90% di 700 milioni = 600 milioni); per il moderato scendiamo al 25% di 1 milione = 250 000, mentre il pessimista ci concede appena il 2% di 50, cioè 1.
  7. Una volta sviluppatesi forme di vita intelligente, l'ottiista ed il mdoerato ritengono che sia ovvio il passaggio a forme di vita sociale ed a società tecnologiche (100%), mentre il pessimista ritiene che ciò avvenga solo molto raramente: il 5% di 1, cioè 0,05.
  8. Infine, dobbiamo anche considerare il fatto che tali civilità tecnologiche devono essere contemporanee alla nostra per poter sperare di comunicarvi: occorre sapere quanto dura una civiltà tecnologica. Sulla Terra un mammifero come specie dura mediamente 5 o 10 milioni di anni, ma secondo Asimov l'uomo con la sua civiltà tecnologica dura meno: solo 1 milione di anni. Partendo da questo dato, l'ipotesi ottimistica è che ci sia una probabilità su mille che esista una civiltà contemporanea alla nostra (0,1% di 600 milioni = 600 000). Il moderato dice che una civiltà tenologica dura solo 20 00 anni, ma ammette che possono riemergere in seguito sullo stessa pianeta, varie volte, altre civiltà: diciamo 10 volte, per un totale di 200 000 anni; quindi lo 0,02% di 250 000, che è 50. Il pessimista dice che una civiltà tecnologica dura 2000 anni, poi scompare e non riappare mai più: lo 0,0002% di 0,05, cioè 0,0000001.

Tirando le somme, secondo Asimov ci sono in questo momento altre 600 000 civiltà extraterrestri nella nostra Galassia; il moderato è arrivato alla cifra conclusiva di 50, mentre il pessimista è sceso molto al di sotto dello zero. Ognuno di noi può naturalmente rifare i conti secondo il proprio modo di vedere ed arrivare a cifre anche molto differenti, ma se le vostre ipotesi rimangono nel campo da noi analizzato, preparatevi ad eseguire una moltiplicazione sorprendente. Le cifre citate fin ora si riferiscono alla nostra Galassia, ma si calcola che nell'Universo ci siano almeno 100 miliardi di Galassie. Le stime finali vanno perciò corrette:

 

N° di civiltà tecnologiche oggi nell'Universo

Ottimista

60 milioni di miliardi

Moderato

5000 miliardi

Pessimista

10 000

Naturalmente ci rendiamo tutti conto che le variabili in gioco sono troppe, e nessuna stima attendibile può venirne fuori, ma abbiamo appena imparato che il numero delle stelle è talmente elevato che per escludere la possibilità che la vita esista altrove nell'Universo dovremmo usare percentuali ancora più basse di quelle considerate pessimistiche. Ma come facciamo allora a sapere se queste civilità esitono veramente o no?

La Terra è in ascolto

L'unico modo finora pensato per scoprire se esistono o no civiltà extraterrestri è quello di mettersi in ascolto e captare segnali radio dallo spazio esterno. Perchè proprio segnali radio? Perchè viaggiano alla velocità della luce, sono economici e possono trasportare molte informazioni. Uno dei pionieri in questo campo è il prof. Frank Drake della Cornell University, il quale sostiene che siccome le leggi della fisica e della chimica sono le stesse ovunque dovrebbe essere possibile comunicare con un linguaggio scientifico-matematico. In effetti già da diversi anni la Terra ascolta attentamente le profondità del cosmo, alla ricerca di un segnale di origine artificiale; i progetti di questo genere sono molti in tutto il mondo, ma il più importante è certamente quello portato avanti dal SETI Institute (molto interessante a questo proposito è il recente progetto . Una ricerca di questo tipo pone molti problemi: ad esempio quali lunghezze d'onda dovrebbero analizzare i radiotelescopi? L'opinione più diffusa è che se un messaggio venisse trasmesso, probabilmente verrebbe spedito sulla lunghezza d'onda di una riga dello spettro dell'idrogeno (che è l'elemento in assoluto più diffuso nell'Universo) o un suo multiplo. I radiotelescopi moderni possono analizzare più lunghezze d'onda contemporaneamente, ma la ricerca rimane comunque difficile. Inoltre dove dovrebbero essere puntati gli strumenti? Opinioni recenti suggeriscono di puntarli verso il centro della nostra Galassia, ma non è detto che non si avrebbero le stesse probabilità di successo puntandoli nella direzione esattamente opposta. Non ci occuperemo comunque dei dettagli della radioastronomia (forse in seguito), se volete saperne di più provate a visitare il sito del SETI Institute oppure guardate Contact.

Sorge a questo punto un altro problema non indifferente. Se un pianeta si trova a mille anni-luce da noi, un segnale radio trasmesso dalla Terra impiegherebbe mille anni per arrivarvi, e si dovrebbero attendere altri mille anni per la risposta. A prima vista sembra un problema di difficile soluzione, ma in realtà anche il "monologo" offre innumerevoli possibilità.

La televisione, ad esempio, è un mezzo di comunicazione a senso unico, ma è anche un potente mezzo di comunicazione. Si potrebbe trasmettere un'intera enciclopedia nello spazio ripetutamente per milioni di anni. Ma se ricevessimo una simile comunicazione e anche ammesso che riuscissimo ad interpretarla, saremmo in grado di capirla? Probabilmente no. Sarebbe come dare un testo di Elettronica ad un contadino etrusco: non potrebbe mai capirci, neanche se fosse scritto in Etrusco. Tuttavia, è lecito pensare che una civiltà intelligente si sia posta il problema, e abbia trasmesso un'enciclopedia contenente tutto il sapere, dalle cose semplici a quelle complesse, passo dopo passo. Un'opera certamente immane, ma comprensibile da tutte le civiltà, qualunque sia il loro sviluppo tecnologico.

Concludendo, abbiamo appurato che è difficile fare delle previsioni. Forse dallo spazio non proviene altro che il ronzio di fondo della radiazione cosmica (l' "eco" del Big bang), cioè un gelo silenzioso. Se così fosse, si tratterebbe comunque di una scoperta di eccezionale importanza, e dovrebbe farci riconsiderare quanto sia preziosa ed unica la vita ed il nostro pianeta che la ospita.

 

 

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