W.W. "MAC"
BRAZEL
William W. "Mac" Brazel è l'allevatore che aveva trovato sulla sua terra i
pezzi del relitto e colui che aveva informato il maggiore Marcel a Roswell.
Sebbene il vecchio Brazel sia morto nel 1963, il figlio Bill, un impiegato della
Texas Instruments, e la moglie Shirley ricordano bene l'incidente.
(segue l'intervista raccolta da William L. Moore nel 1979)
- Signor Brazel, che cosa mi può raccontare sull'esperienza di suo padre
quando scoprì nella sua proprietà i resti di un certo congegno
aereo?
Non le posso raccontare l'intera storia perchè non la conosco
tutta. Mio padre era molto restio a parlarne e io so soltanto quello che sono
riuscito a fargli dire nel corso degli anni. Si è portato nella tomba la
maggior parte di quanto sapeva. Loro, i militari, gli avevano fatto giurare la
segretezza, capisce, e mio padre li aveva presi molto sul serio. Il fatto che
non ne volesse mai parlare nemmeno con la mamma può dare un'idea chiara della
serietà del suo impegno. Venimmo a conoscenza del fatto quando, avendo
acquistato una copia del Journal di Albuquerque una sera, vedemmo la
fotografia di papà in prima pagina. Quando arrivammo alla fattoria papà non
c'era, non c'era nessuno. Sapevamo dal giornale che lui era a Roswell, così
decisi di rimanere lì e badare alla fattoria mentre Shirley torno ad
Albuquerque. Il Lunedì (14 Luglio) cominciai a preoccuparmi perchè papà non si
era ancora visto, così andai a Corona e feci qualche telefonata. Mi dissero di
non agitarmi: papà sarebbe tornato a casa il giorno seguente o poco dopo.
Ritornò, certo, ma quando giunse non raccontò quasi nulla. Sembrava molto
disgustato dall'intera faccenda e non era in vena di parlarne. "Hai visto il
giornale", disse. "Non occorre che tu sappia più di quanto hai letto. In
questo modo nessuno potrà disturbarti per questo." In seguito disse che aveva
"trovato la cosa e aveva informato Roswell" e per quello l'avevano tenuto in
prigione per una settimana. Ciò che infine sono riuscito a sapere è venuto
fuori poco a poco, nel corso degli anni. Una sera tardi papà era in casa con
due dei ragazzini più piccoli quando scoppiò un tremendo temporale. Disse che
era il peggior temporale che avesse mai visto, e può star certo che ne aveva
visti molti, non tanto per la pioggia ma per i lampi, uno dopo l'altro. Gli
sembrò starno che i lampi continuassero a colpire gli stessi punti, come se
fossero attirati da qualcosa. Durante il temporale si verificò una tremenda
esplosione. Non un normale tuono, era diversa. Papà disse che sul momento non
ci aveva fatto molto caso, ma in seguito ci aveva ripensato. La mattina dopo,
mentre cavalcava verso un pasoclo, s'imbattè in quel mucchio di rottami sparsi
su un'area lunga circa mezzo chilometro e larga parecchie centinaia di metri.
Una volta mi disse che, da qualunque parte fosse venuta, quella roba doveva
essere esplosa. E aggijnse che, dal modo in cui erano sparsi i rottami, aveva
capito che l'oggetto stava viaggiando verso Socorro, che si trova a sud-ovest
della fattoria. Dapprincipio mio padre non si rese conto dell'importanza della
cosa, e solo dopo un giorno o due decise di tornare sul posto. Fu allora che
raccolse qualche frammento e lo portò a casa. La sera successiva andò a Corona
e durante una discussione con mio zio, Hollis Wilson, e con un conoscente di
Alamogordo, sentì parlare per la prima volta dei dischi volanti. Sia Hollis
che quell'altro pensarono che ci fosse la possibilità che papà avesse raccolto
i pezzi di uno di tali oggetti. Papà non era convinto, però sapeva di non aver
mai visto niente di simile a quella roba, perciò il giorno dopo prese i due
bambini e partì per Roswell, passando da Tularosa, dove si fermò per lasciarli
alla mamma. Penso che la sua intenzione originaria fosse di andare a Roswell
per comprare un nuovo autocarro. Non avremme mai fatto il viaggio solo per la
roba che aveva trovato, e non credo che si aspettasse di andare incontro a
tanti fastidi. Una cosa è certa: in quel viaggio non comprò l'autocarro.
- Non le ha mai descritto quello che aveva trovato?
No, non
esattamente. Ma non c'era bisogno che lo facesse, perchè io stesso avevo un pò
di quel materiale. Papà mi aveva indicato il luogo del ritrovamento e dopo
ogni pioggia abbondante riuscivo a scoprire uno o due pezzi sfuggiti ai
militari.
- Può descrivere quello che ha trovato?
Si che posso. C'erano
parecchi tipi di materiale. Naturalmente io avevo soltanto pezzetti e
frammenti piccolissimi, ma posso dire che quella roba era sicuramente
leggerissima. Non pesava quasi niente. Avevo raccolto alcune particelle che
parevano legno e pesavano proprio come legno di balsa, ma erano di colore un
pò più scuro e assai più dure. Lei sa che più il legno si indurisce, più
diventa pesante. Quel materiale, invece, non pesava niente, eppure non lo si
poteva intaccare con le unghie, come si fa con il legno di balsa, nè
spezzarlo. Era flessibile, ma non si rompeva. C'erano anche molti pezzettini
di una sostanza simile al metallo, qualcosa sul genere della stagnola, tranne
che quel materiale non si lacerava e aveva un colore più scuro della stagnola.
Si avvicinava di più ad una lamina di piombo, ma era sottilissimo ed
estremamente leggero. La cosa strana è che si poteva incresparlo, ma appena lo
si depositava riprendeva immediatamente la forma originaria. Era quasi come se
fosse una specie di materiale plastico, ma di natura decisamente metallia. Non
so cosa fosse, ma una volta papà mi disse che i militari gli avevano
assicurato di aver stabilito in maniera definitiva che non si trattava di
materiale fatto da noi. E poi c'era una cosa che somigliava a del filo. faceva
pensare alla seta, ma era molto robusto, non so strappava. E poi non
presentava nè fibre nè filamenti, pareva un filo metallico. Non mi era mai
capitato di vedere niente di simile e, ora che ci penso, tutte quelle cose
avevano un che di sintetico.
- Sul materiale che aveva c'era qualche scritta o segno?
No, non
sui miei pezzi. Ma una volta papà mi disse che su alcuni dei pezzi da lui
trovati c'erano quelle che lui chiamava "figure". Papà si riferiva spesso ai
petroglifici degli antichi indios, qui nei dintorni, chiamandoli "figure" e
credo che intendesse fare un paragone.
- Cosa ne è stato di questa collezione? E' tuttora in suo
possesso?
Ecco, questa è la parte più curiosa della faccenda. No, non
l'ho più. Una volta, circa due anni dopo l'incidente di papà, andai a Corona a
passare la serata. Mentre mi trovavo lì parlai troppo, più del necessario,
scommetto. Il giorno dopo da Roswell arrivò alla fattoria un automobile
militare con un capitano e tre soldati. A quanto pare il capitano, Armstrong
credo che fosse il suo nome, aveva sentito parlare della mia collezione e
voleva vederla. Gliela mostrai e il capitano disse che quella roba era vitale
per la sicurezza del paese. Era quindi importantissimo che gliela lasciassi
portare via. Sembrava sopratutto interessato al materiale che sembrava spago.
Io, non sapendo cos'altro avrei potuto fare, acconsentii. Poi il capitano
volle che accompagnassi lui ed i suoi uomini nel punto in cui avevo trovato la
roba. Dopo aver curiosato un pò ed essersi convinto che lì intorno non c'era
più niente, il capitano mi chiese se non avessi nient'altro o se sapessi di
qualcuno che possedesse dei frammenti. Risposi di no, ed il capitano aggiunse
che se avessi trovato dell'altro avrei dovuto telefonargli a Roswell. Ma non
trovai mai più niente.
- Potrebbe, questo materiale, essere stato parte di un pallone sonda o
qualcosa del genere?
No, questo glielo posso dire con sicurezza. Non
apparteneva a nessun tipo di pallone. In questa zona abbiamo sempre raccolto
palloni e ogni volta che ci capitava di trovarne uno lo restituivamo perchè
davano una specie di premio. Abbastanza stranamente, quando papù andò a
Roswell si rivolse prima all'Ufficio Meteorologico per parlare della roba che
aveva trovato, e quelli gli dissero di andare dallo sceriffo.
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