Le prime indagini alla ricerca di esplosivi furono condotte nel 1981/82 dai Laboratori dell'Aeronautica Militare su molti reperti.
Furono esaminate, tra questi, anche alcune valigie e su di esse furono rinvenute tracce di esplosivo.
Queste indagini chimiche furono espletate con metodi non particolarmente sofisticati (TLC cromatografia su strato sottile) e HPLC (cromatografia in fase liquida ad alta pressione); non risulta, come si dirà meglio appresso, che nelle fasi di raccolta e di estrazione dei reperti siano state seguite particolari cautele, atte a impedire o a limitare fenomeni di contaminazione da ambiente.
In seguito altre indagini chimiche furono condotte dai Prof. ACAMPORA e MALORNO nel contesto della Perizia BLASI.
Solo di un gancio, di cui si dira lungamente appresso, furono rilevati piccoli quantitativi di esplosivo, questa volta TNT e T4 e quindi in composizione diversa da quella individuata in precedenza.
Un Collegio chimico, nominato nella presente fase dell'istruzione formale, ha riesaminato le valigie sulle quali i laboratori dell'ami avevano individuato la presenza di solo T4 (71). E' stata riscontrata la presenza di tracce di esplosivo sui colli n. 11 e 14 (presumibilmente bagagli a Mano, ma in composizione TNT e T4 (analoga, cioè a quella del gancio). Tale diversa conclusione deve essere attribuita ai più sofisticati metodi di ricerca (gas - cromatografia - spettrografia di massa) che si è potuto utilizzare, rispetto a quelli di cui disponevano nel 1982 i laboratori dell'Aeronautica Militare. (72)
(71) I laboratori dell'AMI individuarono la presenza esclusivamente di T4. Dall'assenza del TNT, sostanza utilizza in unione al T4 per gli esplosivi militari, i tecnici dell'Aereonautica conclusero per la presenza di un ordigno non di provenienza militare. Tale conclusione era già inaccettabile sul piano logico; essa si è anche rivelata errata in fatto, a causa delle metodiche di analisi utilizzate. Il ragionamento opposto, consistente nel far derivare dalla composizione dell'esplosivo la provenienza da un ordigno militare, peraltro, non è sostenibile per le medesime regioni, come meglio si vedrà appresso.
(72) Cfr. Relazione di chiarimenti a perizia dei periti chimici Antonio ACAMPORA e Antonio MALORNI del 18 aprile 1991 secondo cui gli accertamenti compiuti dai laboratori dell'Aeronautica facilitare vennero effettuati estraendo i reperti con etere etilico e analizzando gli estorti mediante TLC; al metodo seguito si attribuisce una sensibilità per il TNT che, nelle migliori delle condizioni, e circa 10 volte inferiore a quella del T4. Aggiungono che, considerata la differenza dei metodi impiegati, "risulta verosimile che negli estratti in cui i Laboratori dell'Aeronautica Militare hanno individuato la presenza di T4 fossero presenti anche quantità di TNT, ma inferiori al limite di rivelabilità del metodo impiegato". Il Consulente esplosivistico di parte civile ITAVIA ha duramente contestato il fatto che i laboratori dell'Aeronautica abbiano immotivamente modificato parti essenziali delle loro valutazioni; infatti, in un primo appunto predisposto dal Col. Andrea TORRI (che poi sarebbe divenuto Consulente degli imputati!) datato 4 aprile 1981 si affermava che "è stato eseguito un esame a vista su alcune borse e valigie .. la possibilità che contenessero esplosivo e da escludersi anche perché sulle superfici non appaiono segni di bruciature o riscaldamenti caratteristici in caso di esplosione. Per questo stesso motivo si deve supporre che i reperti non dovessero essere nelle vicinanze di una massa d'esplosivo al momento della reazione"; nella relazione del 5 ottobre 1982 invece si arrestano bruciature e fusioni sugli stessi reperti. Nella relazione a firma ODDONI infatti si scrive: "i sette bagagli per i quali l'esame ha dato esito positivo (alla ricerca di tracce di esplosivo) presentano tutti un involucro in materiale plastico rinforzato internamente da un tessuto in fibra sintetica. E' appunto in corrispondenza di fori e lacerazioni che interessano il rinforzo che sono state rilevare esrremira di fibre fuse e globularizzate".
(73) A proposito, infatti, delle posizioni dei Consulenti tecnici DI NATALE e TORRI, si osservava: "Con riferimento alle osservazioni della parte civile ITAVIA in data 20 marzo 1991 va rilevato che effettivamente il consulente tecnico Salvatore DI NATALE, nominato da alcuni degli imputati, è stato escusso in qualità di testimone della Commissione Parlamentare d'inchiesta come innanzi osservato - mentre l'ing. TORRI, anch'egli C.T., svolse accertamenti tecnici per conto degli inquirenti. Si tratta dunque di valutare se tali circostanze integrano l'ipotesi di incompatibilità: prevista dall'art. 323, 3° comrna, c.p.p. abr., per relazione all'art. 315, n. 2, c.p.p. abr. Non sembra che possa costituire causa di incompatibilità il fatto che DI NATALE e TORRI abbiano espresso il proprio giudizio, redigendo per conto del collegio peritale in precedente atto istruttorio o per conto di altra Autorità relazioni di carattere tecnico. Infatti le cause di incompatibilità sono tassative e la giurisprudenza ha affermato che tal genere di circostanze può solo essere valutato dal giudice per la nomina o la sostituzione del perito. Del tutto diversa - è - ovviamente la situazione del C.T., rispetto al quale non si instaura un rapporto fiduciario con il giudice, il quale non ha di conseguenza potere di nomina o sostituzione; cosicché di quelle che la giurisprudenza definisce "ragioni di sospetto" dovrà tenersi conto nella valutazione del contributo del C.T., ma nulla di più. Diversa è, invece, la posizione del solo DI NATALE in relazione all'assunzione della testimonianza formale da parte della Commissione d'inchiesta in data 20.12.1989. L'esame verteva su fatti oggetto del presente procedimento e non sulle sole conoscenze tecniche del DI NATALE (modalità di ricezione e custodia dei nastri; tempi e modalità delle letture degli stessi; nastri custoditi nella busta recante l'indicazione "DI NATALE"). L'unica questione interpretativa è costituita dal fatto che l'art. 315, comma 1, n. 2, c.p.p. abr. usi l'espressione "medesimo procedimento". Non vi è dubbio però che si debba far riferimento al procedimento in senso sostanziale, stante gli interessi tutelati dalla norma, identiticabili nella prevenzione di contrasti con il dovere di testimoniare e con il conseguente obbligo di riferire il vero. Altrettanto indubbio e che il legislatore, tra i due interessi configgenti (quello all'accertamento della verità e quello dell'assistenza tecnica all'imputato) abbia privilegiato il primo. E' infatti l'incarico di C.T. ad essere incompatibile con la veste di testimone e non viceversa; tant'è vero che l'art. 351 c.p.p. abr. vieta l'assunzione della testimonianza del C.T, solo limitatamente ai fatti che furono loro confidati o da loro conosciuti per ragione del proprio ufficio, con salvezza dunque degli altri, pervenuti a loro conoscenza per ragioni diverse come nel caso di specie. D'altra parte, per quanto innanzi detto, l'assunzione della deposizione del DI NATALE sul plico e sul suo contenuto e sulle modalità della lettura dei nastri, è necessaria nel presente procedimento, cosicché il DI NATALE viene chiamato all'ufficio di testimone. Ne si venga a dire che in tale maniera si danneggiano i diritti della difesa, giacché a tale decisione si è costretti dalla grave scorrettezza costituita dalla nomina in qualità dei c.t. di persona che tanta parte ebbe nello sviluppo dei fatti per cui si procede, situazione che dovrebbe esser stata nota a chi nominò il predetto. Si chiede pertanto che si proceda ex art. 323, 3° comma, c.p.p. abr. per il solo DI NATALE." (cit. dalle richieste in data 14 maggio 1991).
Il complesso di queste indagini ha formato oggetto di critiche contrastanti. Il Collegio peritale SANTINI ha finito per considerarle non decisive ai fini della risposta al quesito fondamentale (sulle cause del disastro), in considerazione sia del quantitativo infinitesimale di residui incombusti individuato, sia della possibilità che vi fossero state contaminazione d'ambiente.
L'origine delle perplessità del Collegio è, con ogni probabilità, da ricercarsi nell'incompatibilità delle tracce rinvenute con l'ipotesi di localizzazione dell'ordigno da ultimo accettata. Si tratta di un modo di argomentare ineccepibile, giacché di fronte a elementi logicamente contrastanti si cerca di individuare le ragioni che possono portare a escludere uno degli elementi inconciliabili. Non è detto però che il criterio logico, in astratto corretto, sia stato adeguatamente applicato nel caso concreto.
Che la localizzazione delle tracce in bagagli e in uno schienale sia inconciliabile con un ordigno posto nel vano toilette è indubbio. Sul punto si tornerà in seguito, giacché doserà necessariamente esporsi, come premessa logica, l'ipotesi di localizzazione su indicata. Si affronteranno qui, invece, le osservazioni di metodo circa l'attendibilità dei risultati delle indagini chimiche.
Un primo ordine di critiche è quello venuto dai Consulenti tecnici di parte civile ITAVIA. Sin dall'11 marzo 1991 essi posero in rilievo alcune anomalie verificatesi nel corso dei primissimi accertamenti tecnici.
Si è già osservato nel corso dell'istruttoria formale (si vedano le requisitorie interlocutorie del 14 marzo 1991 (73) che è davvero inconcepibile che coloro - pubblici dipendenti addetti ai Laboratori dell'Aeronautica Militare - che prestarono la propria opera quali tecnici al servizio delle Autorità amministrative (e di riflesso dell'Autorità Giudiziaria, ma non con nomina a periti o ad ausiliari di periti) siano poi divenuti Consulenti degli imputati. Si è ritenuto anche che l'ordinamento processuale non preveda strumenti tipici per ovviare a questa grave violazione di doveri di lealtà del pubblico dipendente, che si riflette sul delicato incarico di Consulente di parte. E' infatti stata prevista dal legislatore la situazione opposta, a tutela dei diritti dell'imputato, e cioè il divieto di assumere quale testimone chi abbia prestato la propria opera quale Consulente; ma non il divieto per chi abbia avuto diretta parte nelle vicende sostanziali o processuali di assumere la veste di Consulente, a meno che non abbia già assunto quella di testimone (di fatto e non solo in potenza).
Non è stato, dunque, possibile reagire alla nomina a Consulenti di alcuni imputati di tecnici dell'Aeronautica che avevano condotto i primi accertamenti sui bavagli per conto della Commissione nominata dal Ministro dei Trasporti.
Tale situazione impone però di esaminare con grande cautela quei risultati. Cautela che sarebbe comunque imposta dalla singolare modificazione del tenore delle relazioni interne, senza che se ne desse contezza, oltre che da quanto si è detto a proposito delle schegge, irnportantissime, 6-4M e 52-1M.
Nella relazione in data 4 aprile 1981 il ten. Col. Andrea Torri (poi Consulente di parte) osserva innanzitutto che i reperti (borse e valigie) non presentavano tracce di esposizione a un'esplosione; ma soprattutto che "l'esame, sia pure sommario dei reperti esclude la possibilità di eseguire su di essi determinazioni di tracce di esplosivi o derivati della reazione esplosiva".
Di conseguenza, la DLAM comunicava che si escludeva la possibilità di eseguire indagini sui bagagli per la ricerca delle tracce suddette. (74)
Il 5 ottobre 1992, però, nella relazione definitiva si affermava che "a) le caratteristiche morfologiche rilevate sui reperti .... provano che c'è stata detonazione di un ordigno esplosivo b) gli indizi più evidenti sono stati rilevati sugli involucri dei bagagli a reperto". Tale asserzione derivava dalle conclusioni delle analisi del ten. Col. TORRI, la cui relazione veniva allegata.
Non v'è dubbio, comunque, che le analisi dei Laboratori dell'Aeronautica non siano particolarmente attendibili e ciò a prescindere dalle osservazioni sulla non terzietà degli operatori. Furono infatti utilizzate, come s'e detto, le metodiche che allora erano disponibili nei predetti Laboratori e che non erano idonee ad evidenziare con sufficiente grado di discriminazione tracce dei diversi tipi di esplosivo.
Osservava in proposito il DRA:
"I metodi TLC" (75) descritti (nel rapporto datato 13 aprile 1981 dell'Aeronautica Militare italiana) sembrano essere tecnicamente validi. In due casi i rilevamenti iniziali di RDX (T4) con l'uso di una mistura dietilica/etere petrolio come eluente sono stati confermati con l'uso di un secondo eluente, benzene / acetone... In un caso il risultato è stato ulteriormente confermato con l'uso di un HPLC (76) a fase normale con rilevamento a UV..... L'uso del rilevamento a UV, che non è selettivo per gli esplosivi, riduce il valore della conferma con l'HPLC (76), specialmente dal momento che la pre-separazione al TLC avrebbe selezionato delle sostanze con tempi di ritenzione HPLC simili all'RDX.
(74) 2^ relazione preliminare del 16 luglio 1981 della Direzione Laboratori Aeronautica Mililitare.
(75) TLC: cromatografia su strato sottile.
(76) HPLC: cromatografia in fase liquida ad alta pressione.
Riteniamo che l'identificazione dell'RDX sia stata sufficientemente affidabile, ma non assolutamente.
Notazioni critiche sono state rivolte anche alle indagini condotte dal laboratorio del CNR (prof.ri ACAMPORA e MALORNO) che, a sua volta, esaminò un gran numero di frammenti, rinvenendo tracce di TNT e T4 su di un gancio estratto da uno schienale.
Sono state effettuate indagini chimiche accuratissime intorno a questo gancio. L'Università di Firenze ha infatti analizzato, con sofisticate modalità, la parte dello schienale ove era infisso il gancio, sia per la ricerca di quantitativi di esplosivo, sia per verificare la composizione delle vernici. Non sono state individuate tracce di esplosivo, mentre è da escludersi che le vernici possano aver contenuto sostenze che in qualche modo abbiano interferito con i risultati delle analisi del CNR.
In proposito il Collegio SANTINI ha osservato che "a causa della posizione occupata dal gancio sul velivolo, è estremamente poco probabile, per non dire impossibile, che particelle di esplosivo incombusto abbiano potuto raggiungere il gancio stesso sia nel caso di esplosione interna che in quello di esplosione interna, senza peraltro lasciare traccia nelle zone adiacenti".
Il gancio fu prelevato dallo schienale n. 16 rosso; non sono stati rinvenuti segni di penetrazione di oggetti ad alta velocità su detta zona. Va però rilevato che al gancio era attaccato un pezzo di tessuto che, esaminato dal RARDE, presentò effetti di globulatizzazione su alcune fibre. (78) Questa circostanza non è valutata dal Collegio SANTINI. Essa è esaminata in maniera incidentale dal Collegio esplosivistico, che si limita a rilevare che le "evidenze costituite da bruciature e globularizzazione di fibre di pezzi di tessuto non trovano riscontro con i danni ben più estesi che si sarebbero dovuti trovare nell'aereo in conseguenza dell'esplosione di un ordigno di potenzialità tale da provocare l'abbattimento del medesimo" (pag. 11/5). Questa conclusione è indimostrata. Va invece valutato che lo stesso RARDE sottolineò che la fusione e globularizzazione delle fibre non avvenne "nella forma classica". Si temerebbe quindi alla questione della possibile produzione, con meccanismi diversi dalla penetrazione ad alta velocità, di fibre con globularizzazione assimilabile a quella tipica.
(77) Relazione DRA dell'agosto 1992 "Rapporto su ulteriori esami dei pezzi di moquette provenienti dal DC9 ITAVIA, del relais e revisione delle analisi di tracce di esplosivo".
(78) Relazione RANDE del novembre 1988: "Durate L'esame dello schienale 16 (gancio di chiusura del sedile) fu notato che la cucitura rossa sulla cinghia nera attaccata al gancio era apparentemente stata tagliata. L'esame ad alto ingrandimento mostrava che i bordi delle fibre tagliare si erano gonfiati. Un ulteriore esame SEM confermò che le fibre si erano fuse insieme o globularizzate, sebbene non nella torma classica. Le fibre erano di natura sintetica, artificiali ... Fu concluso che un frammento, mosso velocemente dall'esplosione, spezzo la cucitura in questo punto".
Il Collegio peritale ha quindi concluso per la possibilità che il rinvenimento di tracce di esplosivo sul gancio nel 1982/86 sia stato dovuto a contaminazione dall'ambiente. In caso contrario, tracce di esplosivo avrebbero dovuto esser trovate anche nelle zone circostanti al gancio. Questa conclusione non è esposta in termini di certezza, in considerazione del tempo trascorso al momento della seconda analisi.
Osserva infatti il DRA che "Il rapporto non fornisce alcun particolare di prove di controllo o a vuoto che sono necessarie per escludere la possibilità di contaminazione. E' ovviamente possibile che queste prove siano state eseguite ma non riportate nel documento. Ancora una volta, sono stati ottenuti molti risultati negativi, suggerendo che la contaminazione non era estesa, ma con una tecnica talmente sensibile sono necessarie notevoli precauzioni per eliminare la possibilità di contaminazione. Dal momento che sia l'RDX che la TNT sono stati usati come standard di taratura, essi erano presenti nel laboratorio e avrebbero potuto rappresentare una fonte di contaminazione. Nell'assenza di un resoconto dettagliato delle precauzioni prese per evitare la contaminazione durante il lavoro, non siamo in grado di commentare ulteriormente."
Più in generale, il DRA rileva che, pur dovendo essere la tecnica adottata dal CNR particolarmente affidabile, "il rapporto non contiene particolari sufficienti sui metodi adottati per consentirci di valutare i risultati quantitativi in modo adeguato, ma abbiamo delle riserve riguardo alla precisione che si poteva raggiungere. Ad esempio, le linee di taratura fornite sulla pagina 19 non forniscono alcuna indicazione degli errori associati con la taratura, che nel caso di misurazioni cosi sensibili devono essere considerevoli." (79)
In conclusione, l'identificazione del gancio come prova della presenza di esplosivo ha a suo favore la presenza di fibre globularizzate su di un taglio che puo esser messo in correlazione con il reperto, ma è contrastata: 1. dalla localizzazione all'interno dello schienale 2. dall'assenza di residui incombusti nelle zone vicine 3. dalla non completa affidabilità delle metodiche utilizzate.
Diverso e però il caso delle indagini effettuate successivamente. Le più recenti indagini chimiche sono state condotte con metodologie alle quali nessuna concreta osservazione critica e stata mossa e da soggetti che, per esperienza e disponibilità di attrezzature e metodologie, sono certamente della più assoluta attendibilità.
(9) Rapporto DRA dell'agosto l992, pag. 9.
In particolare, il Collegio chimico composto dai Prof.ri GRAZIANI, LOPEZ e NICOLETTI ha condotto gli accertamenti in contraddittorio con le parti e ha dato ampia motivazione sia delle metodologie seguite, sia delle conclusioni cui è pervenuto, tra cui anche quella relativa all'ampio superamento delle soglie minime di rilevabilità delle particelle incombuste.
Anche in questo caso, il Collegio si è trovato di fronte a fatti che sono stati ritenuti inspiegabili. Oltre a quelli che si sono innanzi evidenziati per le fibre in alcuni fori di penetrazione nei bagagli (cui peraltro non corrisponde la repertazione specifica di schegge), il Collegio ha ritenuto insuperabile il rilievo che tracce di esplosivo siano state trovate, in un caso, anche nella faccia interna di una valigia, oltre che su quella esterna.
Va però osservato che l'affermazione non è esatta. Il Collegio peritale chimico, infatti, ha dovuto tener conto del fatto che le indagini effettuate in precedenza sulle valigie per la ricerca di residui di sostanze esplosive erano state condotte passando sulle superfici un batuffolo di cotone imbevuto di solvente. (80) Trattandosi di sostanze facilmente decomponibili, il Collegio ha dunque proceduto alle nuove analisi prelevando parti a tutto spessore; i frammenti sono quindi stati sminuzzati e posti a contatto con i solventi. Non è dunque possibile stabilire se i residui fossero in origine all'interno o all'esterno del campione. Infatti i residui che si sono potuti rinvenire a tanti armi di distanza dall'evento sono esclusivamente quelli che il solvente aveva fatto penetrare nelle fibre e che si erano per tale ragione conservati. (81)
(80) Allegato n. 2 alla relazione n. 8221 del 5 ottobre 1982 della Direzione Laboratori dell'Aeronautica Militare.
(81) "E' stato richiesto a questo Collegio di analizzare nuovamente i bagagli oggetto delle prime indagini per avere conferma della presenza di tracce di esplosivi. Si è deciso di utilizzare i bagagli numero 11, 14, 15 (nurnerazione data dall'AMI) già ritrovati "positivi" dai Laboratori dell'Aeronautica nell'83, nonché il bagaglio n. 13. Si tratta di tre valigie che si presentano ancora in condizioni accettabili .... Nel rapporto dell'Aeronautica Militare risulta che sono state "lavate" con solventi (etere etilico) ampie superfici dei bagagli, e a volte l'intero bagaglio, con la speranza di raccogliere quantica di materiale sufficiente a evidenziare l'eventuale esplosivo ... Questi fatti ci hanno suggerito di preparare i campioni nel modo che verrà indicato più avanti .. Il fatto che le valigie siano state "lavate" con solventi per asportare i residui di esplosivo ci ha suggerito di estrarre a fondo il materiale costituente questi oggetti, con l'idea che il precedente uso dei solventi avesse fatto penetrare l'esplosivo negli strati più profondi." Si è quindi proceduto "ritagliando e asportando da ciascuna valigia a tutto spessore dei pezzi di materiale ... Tutto il materiale asportato e stato ridotto in piccoli pezzi, combinando quanto proveniente dalla stessa valigia e lasciato in infusione ...". Dopo ulteriori lavorazioni sono stati estratti tre campioni su cui sono state effettuate le analisi, rilevando "tracce di T4 e TNT, Le quantità osservate sono di gran lunga maggiori delle quantità minime rivelabili con il metodo utilizzato". Relazione del Collegio peritale chimico depositata in data 12 marzo 1994.
Indimostrata, a parere di questo Ufficio, è poi l'osservazione delle possibilità di inquinamento dei reperti, verificatasi durante il recupero e per essere stati trasportati su navi militari. Se così fosse ci si aspetterebbe di trovare innanzitutto inquinamento da residui di esplosivi utilizzati come propellente dei proiettili e non certo delle testate belliche (TNT - T4). Si è pero osservato che alcuni reperti furono trasportati attraverso la sala siluri della Nave Andrea Doria. Sono quindi stati effettuati accertamenti molto accurati al fine di verificare se in dette sale fosse possibile riscontrare inquinamento da esplosivi, che effettivarnente compongono le testate belliche dei siluri antisommergibili in dotazione alle Navi della nostra Marina.
Le indagini tecniche, condotte per conto del Collegio peritale da esperti di MARIPERMAN hanno effettivamente consentito di rinvenire quantitativi infinitesimali di entrambe gli esplosivi. Secondo i predetti tecnici, però, i quantitativi repertati sono talmente piccoli da non consentire un inquinamento da ambiente dei reperti.
E' vero che la ricerca delle tracce è avvenuta su Navi diverse e in condizioni differenti da quelle del 27/28 giugno 1980. Il risultato delle indagini chimiche di MARIPERMAN è però coerente con il fatto che gli esplosivi TNT e T4 sono contenuti nelle testate dei siluri, che non vengono manipolate internamente nei locali predetti. Si tratterebbe, dunque, di residui provenienti da manipolazioni risalenti nel tempo e avvenute in locali diversi.
E' dunque necessario ricostruire il percorso logico seguito dal Collegio peritale. Si sottolinea però che ciò non si farà in forma espositiva (a tal fine sarebbe sufficiente il rinvio all'elaborato peritale) ma nei limiti della necessità di evidenziare i punti che si ritengono di particolare rilievo e a prospettare le ragioni di consenso o di dissenso sulle conclusioni raggiunte dal Collegio.
Il punto di partenza è costituito dal rilievo che, al termine delle operazioni in mare, risultavano ancora mancanti molte parti della zona posteriore della fusoliera, tra le ordinate 642 e 877 e in particolare quelle corrispondenti alla toilette, posta sul lato destro dell'aereo. Nonostante il recupero di frammenti di questa zona nel 1992, rimane ancora mancante una vasta area, corrispondente soprattutto a quella della toilette e quindi nella parte posteriore destra del velivolo.
Aggiunge la relazione peritale che "in prossimità della parte anteriore di questa zona sono poi osservabili i fenomeni di imbozzamento verso l'esterno della struttura (quilting), in precedenza descritti". Si discuterà a lungo di questo aspetto. Basti qui l'indicazione del Collegio può indurre in errore. Essa infatti si basa sul presupposto di avere convenzionalmente assunto come "zona toilette" l'intera area posteriore, ricompresa tra le stazioni 642 e 877. Ma, come può verificarsi dai disegni allegati (86), quella ricompresa tra le stazioni predette è in realtà un'area molto più ampia, che parte dal termine dell'attaccatura delle semiali e giunge fino alla paratia di pressurizzazione. Essa cioè si identifica con l'intera "area 3", selezionata al termine della prima fase dei recuperi.
Il quilting fu infatti osservato su di un frammento della zona di attacco della semiala di sinistra, nel tratto compreso tra le stazioni 604-642. Si tratta quindi di un punto del tutto diverso rispetto a quello in esarne. La questione non è irrilevante, giacché il quilting sarà infine da escludersi, a nostro avviso, dal novero degli elementi indicativi di un'esplosione, contrariamente a quanto suggestivamente prospettato in apertura della discussione sul tema.
Selezionata, dunque, la zona toilette come l'unica nella quale poteva essersi verificata un'esplosione, a causa della mancanza di molte sue parti e della completa assenza di tracce di un siffatto evento in tutte le altre zone, si procedeva a identificare relitti che potessero recare deformazioni attribuibili agli effetti di un'esplosione.
Si anticipa che su nessuno di essi è stata rinvenuta alcuna traccia, tra quelle caratteristiche della diretta esposizione a una sorgente di esplosione (vaiolature, petalature, marcature di impatto di schegge, modificazioni microstrutturali ecc.). Le deformazioni di cui si parla sono dunque solo deformazioni attribuibili agli effetti di pressione o, più propriamente: "deformazioni e segnature che potrebbero essere considerati consistenti (87) con l'ipotesi di una sovrassollecitazione dovuta a elevati valori di pressione generatasi all'interno della toilette" (88). Questi andranno poi distinti da quelli analoghi derivanti dalle complesse forze dinamiche scaturite dal devastante evento, prima, e poi dall'impatto con l'acqua.
(86) Si allegano i disegni tratti dalla Perizia, III.
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